Secondo un sondaggio di Coldiretti/Ixè, la maggioranza degli italiani ritiene la regolamentazione comunitaria e i recenti trattati internazionali inadeguati a garantire qualità, sicurezza e rispetto delle tradizioni enogastronomiche della penisola
Due italiani su tre (63 per cento) ritengono che le politiche dell’Unione Europea sul cibo danneggino il Made in Italy a tavola, mentre solo il 10% crede che l’agroalimentare tricolore stia beneficiando delle scelte comunitarie. È quanto emerge dal rapporto Coldiretti/Ixè su “Gli italiani e l’Europa nel 2018” presentato al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti a Villa d’Este a Cernobbio, dal quale risulta anche che per il 18% degli intervistati le norme europee non pesano sul settore alimentare. La netta maggioranza degli italiani ritiene dunque – sottolinea la Coldiretti – che la regolamentazione comunitaria e le recenti scelte in materia di trattati internazionali non siano adeguate a garantire la qualità, la sicurezza ma anche il rispetto delle tradizioni enogastronomiche della penisola.
Sulla bocciatura delle politiche Ue sul cibo da parte degli italiani pesano gli allucinanti vincoli che hanno messo a rischio cibi e ricette tipiche della tradizione nazionale, senza dimenticare le alchimie negli ingredienti che hanno snaturato anche gli alimenti più comuni e le contraddizioni che impediscono la massima trasparenza nell’informazione ai consumatori e limitano addirittura la libertà di scelta di singoli cittadini o di interi Paesi. Basti pensare, attacca la Coldiretti, alla possibilità concessa dall’Ue di utilizzare grano tenero, al posto di quello duro, per produrre la pasta o all’autorizzazione ad utilizzare la polvere di latte per produrre formaggi, yogurt e latte alimentare, senza dimenticare il via libera all’aggiunta di zucchero per aumentare la gradazione del vino. Ma c’è anche la commercializzazione molto diffusa in alcuni Paesi dell’Unione Europea di kit fai da te che promettono il miracolo di ottenere in casa il meglio della produzione enogastronomica Made in Italy, dai vini ai formaggi.
Da UE no alla trasparenza sull’origine dei prodotti, ma sì ai cibi a base di insetti
Un ulteriore esempio è il caso dei novel food, dagli insetti a tavola ai cibi fatti in laboratorio che hanno appena ricevuto il via libera dell’Unione Europea e che potrebbero presto arrivare sugli scaffali dei supermercati. Una novità che non sembra destinata ad essere “digerita” dagli italiani. La possibilità di mangiare ragni e locuste vede, infatti, il 54% dei cittadini contrari, mentre sono indifferenti il 24%, favorevoli il 16% e non risponde il 6%, secondo una indagine Coldiretti/Ixè. Ma ad allontanare i cittadini dalle scelte Ue è anche la questione della trasparenza sull’origine dei prodotti. Se l’Italia – sostiene la Coldiretti – ha adottato norme a tutela della qualità dei prodotti agroalimentari nazionali nel resto dell’Unione Europea si sfrutta la deregulation per esportare prodotti di bassa qualità, a volte anche sfruttando con l’inganno l’immagine Made in Italy. Questo per l’atteggiamento incerto e contradditorio dell’Ue che – denuncia la Coldiretti – obbliga ad indicare l’origine in etichetta per le uova, ma non per gli ovoprodotti, per la carne fresca, ma non per quella trasformata in salumi, per la frutta fresca, ma non per i succhi, per il miele, ma non per lo zucchero.
Gli accordi commerciali che penalizzano il Made in Italy e ne favoriscono le imitazioni
A questo si aggiungono le perplessità sulla nuova stagione degli accordi commerciali bilaterali inaugurata con il Canada (Ceta) che per la prima volta nella storia l’Unione Europea ha legittimato in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma è anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan. Altrettanto pesanti possono essere gli effetti del negoziato in corso con i Paesi del Sud America (Mercosur) dove la produzione locale del “falso” è tra i più fiorenti del mondo e il medesimo pericolo si cela – secondo l’associazione – dietro i negoziati per accordi di libero scambio appena avviati con Australia e Nuova Zelanda. “È inaccettabile che il settore agroalimentare sia trattato dall’Unione Europea come merce di scambio negli accordi internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. “L’Italia, che è leader europeo nella qualità e nella sicurezza alimentare ha il compito di svolgere un ruolo di apripista nelle politiche comunitarie alimentari comunitarie che troppo spesso spingono alla omologazione ed ad un livellamento verso il basso”.
Quasi un italiano su 2 favorevole ai dazi: “Risposta sbagliata a preoccupazione fondata”
Forse per tutto questo, quasi la metà degli italiani (45%) è favorevole all’introduzione dei dazi per difendere il made in Italy a tavola rispetto ai rischi legati al commercio internazionale (mentre il 32% è contrario ai blocchi e un 24% non si pronuncia). Tra le motivazioni di chi è favorevole ai dazi, il 56% indica la necessità di combattere la concorrenza sleale di quei paesi che producono a minor costo, che supera di poco la convinzione che occorra penalizzare gli stati che non rispettano le nostre stesse regole in materia di tutela ambientale e di rispetto dei diritti del lavoro (53%). A ruota segue la voglia di valorizzare i prodotti del proprio paese (31%) ma tra le ragioni del sì ai dazi c’è anche il fatto di non fidarsi dei prodotti stranieri. Nel caso delle nazioni che fanno concorrenza sleale ai prodotti italiani sfruttando ambiente e lavoratori – notano Coldiretti/Ixe’ – un 28% degli italiani chiede addirittura l’applicazione di dazi molto elevati.
Per il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, “non c’è dubbio che il dibattito internazionale sui dazi aperto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha almeno il merito di accendere un faro sulla natura, le conseguenze e le responsabilità di chi ha guidato finora il processo di globalizzazione sul nostro pianeta, del ruolo dei grandi conglomerati economici sovranazionali, degli Stati e dell’Unione Europea”. Moncalvo aggiunge: “Dal nostro osservatorio ci sembra di rilevare come all’idea di ‘libero commercio’, nel corso di questi anni, si sia sempre più dissociata l’idea di un commercio ‘equo’, che tenesse conto del rispetto di regole condivise sul piano ambientale, della tutela sociale dei lavoratori e della sicurezza dei cittadini”. Per il presidente tuttavia “i dazi sono una risposta ‘sbagliata’ ad una preoccupazione ‘fondata’. Se infatti si vanno a vedere le ragioni che guidano la domanda di ‘dazi’ si scopre che i principali motivi sono di ordine ‘difensivo’: ‘combattere la concorrenza sleale’ in primo luogo, ‘salvaguardare la salute dei cittadini’ in seconda istanza”.