Sulla vicenda del bus nel milanese dirottato e incendiato dall’italo-senegalese Ousseynou Sy, la stampa di destra è andata giù pesante. «Il bello dell’accoglienza: senegalese cerca di bruciare vivi 51 ragazzini» titola La Verità. «Senegalese emulo di Erode, voleva bruciare i bambini» è la prima pagina di Libero. Mentre Il Giornale parla di «Terrorismo buonista». Eppure il leader della Lega Matteo Salvini, che in caso di crimini commessi da immigrati è stato sempre durissimo, questa volta ha mostrato un insolito profilo basso. Salvo poi a distanza di 24 ore cambiare toni e attaccare a testa bassa.
Il silenzio delle prime ore
Ma andiamo con ordine. La notizia dell’autista fermato dai carabinieri è battuta dall’Ansa alle 12.27. Mezz’ora dopo si sa che alla guida del bus c’è «il 47enne
Ousseynou Sy, senegalese di origine ma italiano dal 2004, con dei precedenti penali». Mentre esponenti di spicco della Lega, come il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, già parlano e chiedono che l’attentatore paghi «senza sconti o scorciatoie per ciò che ha commesso», Salvini tace. Arriva intorno alle ore 18 solo una nota del Viminale in cui si dice che il Ministero è al «lavoro per verificare la possibilità di togliere la cittadinanza italiana al senegalese che ha dirottato e bruciato un pullman a San Donato Milanese», spiegando che
«i pm hanno parlato di ipotesi terrorismo» e che in questo caso si tratterebbe di una opzione «contemplata dal Decreto sicurezza». Il Viminale assicura inoltre che «il ministro dell’Interno Matteo Salvini segue direttamente la vicenda»
La prima reazione con profilo basso
A seguire il primo intervento di Salvini su Facebook. Il profilo è basso: «Ousseynou Sy li ha legati e minacciati urlando: “Da qui non esce vivo nessuno!”. Ma come si fa??? Poteva essere una strage, fortunatamente tutti salvi i 51 ragazzi: è stato un miracolo» scrive il leader della Lega. Tono ribadito a Porta a Porta. Nel corso della trasmissione Salvini si limita ad assicurare: «da ministro dell’Interno domani invierò una circolare a tutti i sindaci: chi lavora con il pubblico, specie con i ragazzini, porti la fedina penale. Serve il certificato penale obbligatorio. Voglio sapere chi gli ha messo in mano quell’autobus».
Il cambio di comunicazione
«Con questo tipo di comunicazione Salvini riporta la questione sul piano generale della legalità. Non ha avuto bisogno di parlare di stranieri ma solo di gente che non rispetta le regole. Con due livelli: il rispetto del principio secondo cui “la legge è uguale per tutti” e un meccanismo generale di premi per chi fa le cose per bene e punizioni per chi sbaglia» spiega Dino Amenduni, esperto di comunicazione politica e pianificazione strategica dell’agenzia di comunicazione Proforma, che aggiunge: «Vale più questa della polarizzazione sul colore della pelle». Quali i motivi di questo apparente cambio di strategia da parte di chi finora ha brandito lo slogan «Prima gli italiani»? «Sicuramente ha influito il fatto che non ci troviamo di fronte a un immigrato irregolare ma a un uomo di origini senegalesi, cittadino italiano da almeno 15 anni – continua Amenduni – ma conta anche il fatto che dopo aver massimizzato l’effetto “Prima gli Italiani” adesso Salvini si sta piano piano spostando su “la legge è uguale per tutti”».
«Prima gli italiani» non va in soffitta
Per Amenduni però lo slogan “Prima gli italiani” non è finito in soffitta, perché «Salvini lo sta solo integrando». Non a caso stamattina la comunicazione cambia, slittando di nuovo su toni «securitari». E su Facebook il leader della Lega parte lancia in resta: «Se ci sarà l’imputazione per terrorismo, in caso di condanna, grazie al nostro Decreto sicurezza potremo revocargli la cittadinanza italiana – attacca – Questo infame deve pagare tutto». E ancora: «Pensare che un delinquente dirotti un autobus perché Salvini fa il “cattivo” con i clandestini mi sembra veramente surreale, pensare questo è istigazione a delinquere! L’infame non doveva essere alla guida di quell’autobus, e su questo sto andando fino in fondo». «Oggi Salvini – conclude Amenduni – probabilmente anche dopo un’analisi della rassegna stampa e del sentiment online, ha capito che poteva tornare sul suo registro classico, anche perché intende applicare una delle novità del “suo” decreto sicurezza per mostrare all’opinione pubblica che l’insistenza sul tema aveva effettivamente una ragione».
L’ipotesi cittadinanza al ragazzo 13enne egiziano
In uno spiazzante cortocircuito arriva infine la richiesta della cittadinanza per il figlio da parte Khalid Shehata, il padre di Ramy, il 13enne egiziano che ha nascosto il cellulare all’autista sequestratore ed è riuscito a fare la prima telefonata ai carabinieri. Un’ipotesi rilanciata dal vicepremier M5s Di Maio («Ha messo a rischio la propria vita per salvare quella dei suoi compagni. È la cittadinanza per meriti speciali che si può conferire quando ricorre un eccezionale interesse dello Stato. Sentirò personalmente il presidente del Consiglio in questo senso»). Ma sulla quale Salvini prende tempo: «Stiamo facendo tutte le verifiche del caso. Ora dobbiamo leggere le carte e valuteremo»
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