(ANSA) – ROMA, 24 MAR – Dagli anni Trenta, dopo venti anni di Futurismo astratto, Giacomo Balla si allontanò progressivamente dall’avanguardia fondata da Filippo Tommaso Marinetti fino ad uscirne, e tornò a una pittura figurativa comunque proiettata in avanti. Cercava una strada nuova e la trovò nel cinema americano che proprio in quegli anni, grazie anche ai rotocalchi, stava creando nell’immaginario collettivo le icone e i divi del grande schermo. E scelse una tecnica che per certi versi anticipò i lavori di Warhol e Lichtenstein: dipingendo non più sulla tela ma sulla rete metallica incollata alla tavola il risultato era una immagine che ricorda l’effetto “pixel” delle foto dei quotidiani e delle riviste dell’epoca. Balla, dunque, antesignano del Pop? Su questa chiave di lettura intrigante si sviluppa la mostra “Giacomo Balla, dal Futurismo astratto al Futurismo iconico”, curata da Fabio Benzi a Palazzo Merulana, a Roma. Fino al 17 giugno, una sessantina di opere del grande maestro torinese si offrono sotto questa luce nuova.
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