Alberto Ramella SYNC / AGF
Sara Gama, capitano della Juventus
Il biglietto era gratis, non c’era altro calcio disponibile, né Formula 1 e Moto GP. Ma, domenica, i 39mila spettatori che hanno festeggiato l’1-0 della Juventus sulla Fiorentina e il quasi bis-scudetto della società bianconera (+ 4 punti sulla seconda a 3 giornate dal termine) sono comunque una pietra miliare nella storia del calcio femminile italiano.
Pur ancora lontanissima dai 60.739, paganti, di Atletico Madrid-Barcellona, la folla dello Stadium ha comunque stracciato il precedente record nazionale di 14mila biglietti per Verona-Francoforte di Uefa del 2008. E unito all’audience tv-record, 342.628 spettatori medi, con il 2,68% di share e 1.033.546 spettatori unici, rappresenta un ulteriore, eclatante, passo avanti, dopo le qualificazioni ai Mondiali di giugno in Francia. Che invece i colleghi azzurri, tanto più ricchi, famosi e viziati, hanno clamorosamente mancato.
“E’ un inizio, solo qualche mese fa non si sarebbe mai pensato di poter coinvolgere tanta gente”, suggerisce il ct della nazionale donne, Milena Bertolini. “Bisogna ripetere l’esperienza e ricreare le condizioni ottimali. Bisogna costruire degli eventi, e incastrarli col calendario maschile”.
Bisogna soprattutto evadere definitivamente dallo stereotipo del calcio ultimo feudo maschile e dalle definizioni strampalate udite ultimamente alla tv dai cosidetti “addetti ai lavori”. Bisogna ancora aprire le porte al professionismo (fra un paio d’anni?), bisogna aumentare la base che pure, dal 2013, è cresciuta del 7% (23.903 tesserate), bisogna rinsaldare la posizione in seno alla Figc (che dal 7 settembre ha inglobato serie A e B donne dalla Lega nazionale dilettanti), bisogna coinvolgere sempre più grandi società, come l’Inter, neo promossa in A con 17 vittorie su 17 partite, che si aggregherà alle più illuminate Juventus, Fiorentina, Roma e Milan.
Intanto, però, bisogna anche ringraziare la nazionale, non solo quella che torna ai Mondiali dopo 20 anni (cercando anche la qualificazione olimpica), ma anche quella del 2008 che ha vinto l’Europeo under 19. E un grandissimo grazie va all’emittente privata Sky, che ha acquistato i diritti del campionato e ha dato un’insperata visibilità alla Cenerentola del calcio italiano.
Il futuro è roseo nel verso senso della parola. Perché le nuove generazioni non fanno distinzioni e le ragazze fra gli 11 e i 12 anni vantano la maggior percentuale fra le 23.903 tesserate, con 2.664. Quelle del calcio a 11 sono 7.796, del calcio a cinque 4.504, dell’attività mista 1.966, del settore giovanile scolastico 9.637. I club in tutto sono 45, quelli di serie A sono 12. Gli arbitri sono 1.595, con 601 fra i 15 e 19 anni.
Soprattutto, il mercato guarda con estrema attenzione e speranza alla nuova frontiera delle donne, non solo come nuovi numeri, ma come possibilità di mitigare il comportamento sempre più insofferente, isterico, litigioso e violento del calcio maschile. Per riconciliarsi con le famiglie e risolvere decisivi temi di integrazione sociale. Perché nel calcio donne, il Kean e il Balottelli risponde al nome di Sara Gama: madre triestina, papà congolese, nata 30 anni fa nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia, integratissima nel sistema, capitana della Juventus e della nazionale, consigliere federale, presidente della commissione sviluppo del calcio femminile. Che commenta: “Con questa partita Juve-Fiorentina si può dire che il calcio italiano femminile si è avvicinato a quello spagnolo. L’apertura dello stadio segna un giorno spartiacque”. E rilancia: “Nel calcio maschile l’aspetto fisico ha superato quello tecnico. Da noi, di possono apprezzare certi gesti, è un po’ come negli anni 60 con Gianni Rivera”.
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