Secondo uno studio della Cgia, l’anno scorso solo Francia, Belgio e Svezia hanno hanno pagato più degli italiani. La beffa, poi, è che l’indice di qualità della pubblica amministrazione ci vede ai posti più bassi della classifica continentale
Rispetto alla media dell’Unione europea, nel 2017 ogni italiano ha ipoteticamente versato al fisco 598 euro in più. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia che ha messo a confronto la pressione fiscale registrata l’anno scorso nei principali Paesi europei e, successivamente, ha calcolato il differenziale di tassazione pro capite esistente tra gli italiani e i cittadini dei principali paesi dell’Unione.
Dall’analisi emerge che in Francia, in Belgio e in Svezia hanno pagato più di noi, rispettivamente 1.765, 1.196 e 712 euro. Ad eccezione dell’Austria, che nel 2017 ha registrato il nostro stesso carico fiscale, tutti gli altri, invece, hanno avuto una pressione fiscale inferiore alla nostra, con un risparmio di tassazione pro capite rispetto ai cittadini italiani pari a 541 euro in Germania, a 996 euro in Olanda, a 1.964 euro nel Regno Unito e a 2.164 euro in Spagna.
“Con tante tasse e con una platea di servizi erogati dal pubblico che negli ultimi anni è diminuita sia in qualità sia in quantità – segnala il segretario della Cgia Renato Mason – si sono sacrificati i consumi e gli investimenti. Inoltre, è diventato sempre più difficile fare impresa, creare lavoro e redistribuire ricchezza. Alle piccole e piccolissime imprese, in particolar modo, il calo dei consumi delle famiglie ha creato non pochi problemi finanziari, costringendo molte partite Iva a chiudere i battenti”.
La Cgia sostiene che sugli italiani pesa poi, oltre il fisco, anche il problema dell’efficienza e della qualità della pubblica amministrazione: a tal proposito, da un’indagine condotta dalla Commissione Europea in 192 territori, risulta che le principali regioni del Centro-Sud Italia sono per 8 volte nel rank dei peggiori 20, con la Calabria che si classifica addirittura al 190esimo posto. L’indicatore varia tra cento, ottenuto dalla regione finlandese Aland (primo posto), allo zero andato alla regione bulgara dello Severozapaden. Sebbene sia relegato al 118esimo posto a livello europeo, il Trentino Alto Adige (indice pari a 41,4) è la realtà territoriale più virtuosa d’Italia; seguono, a pari merito, altre due regioni del Nordest, l’Emilia Romagna e il Veneto (indice pari a 39,4) che si collocano rispettivamente al 127esimo e al 128esimo posto della graduatoria generale. Subito sotto troviamo la Lombardia (38,9) che è al 131esimo posto e il Friuli Venezia Giulia (38,7) che si attesta al 133esimo gradino della classifica stilata dalla Commissione Europea. Le regioni del Mezzogiorno registrano le performance più preoccupanti: se la Campania (indice pari a 8,4) è al 186esimo posto, l’Abruzzo (6,2) è al 189esimo e la Calabria, il territorio in cui la Pa funziona peggio tra tutte le nostre 20 realtà regionali, è addirittura al 190esimo gradino della graduatoria generale, con un indice di soli 1,8 punti.
Secondo il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo, “grazie all’estensione a tutti i contribuenti dell’applicazione della flat tax, nel 2019 si corre il rischio che le tasse locali tornino ad aumentare. La manovra, infatti, non ha confermato i blocchi delle imposte territoriali introdotte nel 2015, pertanto è probabile che sindaci e governatori rivedano all’insù le addizionali Irpef e le aliquote dell’Irap, dell’Imu e della Tasi sulle seconde case e i capannoni. Se ciò si verificasse sarebbe una vera e propria iattura per i bilanci delle famiglie e delle imprese”.