Da quel momento il mondo divenne di due colori: verde e nero. E riscoprì tutta la grandezza perversa del fascino della paranoia, delle realtà parallele e di “ciò che non ci dicono”. Verde e nero erano i colori dominanti di Matrix, capolavoro dei fratelli Wachowski (ora sorelle, dopo il cambio di sesso). Il 31 marzo 1999 Matrix debuttava nei cinema Usa, poco dopo avrebbe invaso il mondo. Budget di produzione: 63 milioni di dollari. Ne incassò 28 milioni solo nel primo weekend negli Stati Uniti. L’onda era partita e non si sarebbe più fermata. Non si contano, da allora, gli epigoni, le imitazioni, e perfino nelle fiction tv e negli spot pubblicitari, il look visivo verdenero fu un “must” per molti anni. Ma tutto era partito da altri due colori, quelli che esattamente vent’anni fa hanno precipitato tutti noi spettatori in una delle più eleganti e riuscite versioni della paranoia del complotto e della necessità di ribellarsi al volto accomodante del potere costituito. Due colori.
“Pillola azzurra o pillola rossa?”
Tutto cominciava dalla scelta che Morpheus (Larry Fishburne) metteva di fronte al suo allievo prescelto, Neo (Keanu Reeves): “E’ tutta la vita che hai la sensazione che ci sia qualcosa che non quadra nel mondo. Non sai bene di che si tratta ma l’avverti. E’ un chiodo fisso nel cervello, da diventarci matto”. Ed eccoci all’identità dello scontento di ognuno di noi: “Matrix è ovunque”. E’ il sistema in cui viviamo, il mondo che non ci piace, non ci torna. Non sentiamo come nostro. In cui avvertiamo forze e poteri sovverchianti che condizionano e stritolano le nostre vite. Morpheus lo dice: “E’ quello che vedi quando ti affacci alla finestra o quando accendi il televisore, l’avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. E’ il mondo che ti è stato messo davanti per nasconderti la verità”. E come si fa a liberarsi dalla prigione in cui Matrix dà per scontato che ci troviamo tutti, la prigione che “non ha sbarre, non ha mura, non ha odore?”. Bisogna scegliere, c’è l’ultima occasione: “Pillola azzurra, fine della storia”. Oppure: “Pillola rossa, resti nel Paese delle meraviglie. E vedrai quanto è profonda la tana del bianconiglio”. Vent’anni fa cominciava così. Non è mai finita. Ecco perché Matrix è invecchiato benissimo, e resta a suo modo nella storia del cinema.
Dal sacrificio di Neo alla rabbia al potere, fino alla Terra piatta
Di fronte a Matrix (il primo, perché gli altri due, pur di grande successo, persero il fascino del non detto, del po’ di filosofia che si può trovare in un film americano, e puntarono sull’azione e gli effetti speciali, banalizzando la trilogia) si raccolsero spettatori di tutti i tipi: cultori della fantascienza, amanti della grande letteratura distopica, adoratori del cyberpunk e dei manga, ammalati cronici di action made in Hong Kong, fumettofili terminali. E poi tutti quelli che odiano questa realtà e ne leggono una, o più di una, al lato. Dentro Matrix c’era di tutto, e spesso già molto masticato: il rapporto tra macchine e uomini di Asimov, quello con le realtà possibili e allucinatorie di Philip K. Dick, le sequenze d’azione, sparatoria e arti marziali mutuate dai film di John Woo, Tsui Hark e Yuen Woo-Ping,un look dark, elegante, ispirato anche al fetish e al sadomaso che era contemporaneamente debitore delle saghe (quelle sì, rivoluzionarie) giapponesi di Akira e soprattutto Ghost In The Shell. Tanto fumetto, tantissimo, da lì vengono per cultura ed esperienza i/le Wachowski. Una spruzzata di The Invisibles di Grant Morrison, forse la saga a fumetti più autenticamente sovversiva degli ultimi 25 anni. L’autore ci si ammalò mentalmente e fisicamente mentre la scriveva. Tantissima paranoia del complotto, a ritroso fino alle visioni di Robert Anton Wilson e i suoi cicli narrativi sugli Illuminati e il veleno del capitalismo. Un’aggiornamento, soprattutto visivo, della saga umani-contro-macchine già vista nel Terminator di Cameron, e perfino nel Mondo dei robot di Crichton. Solo per fare due tra decine di altri esempi possibili. Una lucidata di filosofia antica (il mito dalla Caverna di Platone, ma anche il discorso sul rapporto tra simulacri e simulazione del saggio di Baudrillard del 1981). Molta azione forsennata con il celebre effetto bullet time, le molte macchine da presa messe in circolo attorno al soggetto per creare un mix di accelerazioni avvolgenti e rallenty mozzafiato. E un finale cristologico, con sacrificio finale dell’Uno, l’Eletto (Neo-The One al contrario) che si immola per gli umani e ristabilisce la pace con le macchine senzienti che hanno creato una realtà falsa, spacciata per vera, in cui viviamo tutti, ma in cui tutti in realtà siamo schiavi, addirittura usati come batterie biologiche per alimentare le macchine stesse.
“Sveglia!”. Ma ci siamo mai svegliati?
A contribuire all’enorme successo di Matrix anche la colonna sonora, con brani di Massive Attack, Rammstein, fino alla Wake Up (“Sveglia!”) dei Rage Against The Machine che ci urla nelle orecchie nella sequenza finale del film che 20 anni fa ha lasciato un segno grande così. Trattato da furbo mix di paranoie pop da molti, considerato come un’autentica profezia da moltissimi anni. Sono trascorsi due decenni dall’uscita di Matrix. Come va ora? Ci siamo svegliati? Nel mentre, passata la boa del millennio ed entrati negli Anni Zero, non c’è stata l’apocalisse delle macchine che dovevano tradirci. Ma abbiamo visto quanto morde lo spread, quanto sono stringenti e anche feroci le leggi del sistema integrato multinazionale in cui la Finanza influenza e controlla la Politica, la rabbia popolare è andata al potere (e qualcuno, gridando alla “pillola rossa o pillola blu”, ha fatto da megafono al M5S dalle nostre parti). Il sistema finanziario è collassato nel 2008, asfissiato dai suoi stessi veleni, e ha avvelenato un po’ tutte le nostre vite. Google ha dato pane per le menti dei complottisti, a suon di video che confutano in modo discutibile ma affascinante tutto quello che sappiamo, quello che ci hanno fatto studiare. Poi abbiamo trovato la nostra tana del Bianconiglio, quello che sembrava un potente strumento per muovere energie nuove, ritrovarsi, socializzare, condividere, e si è rivelato un micidiale meccanismo di profilazione e vendita pubblicitaria della nostra intera esistenza: Facebook, e simili. La pillola rossa rivoluzionaria si è rivelata blu, buona per tenerci sotto controllo e ricompensarci con un po’ di adrenalina da mi piace e dopamina. Gran parte della nostra ribellione è racchiusa in uno smartphone di cui siamo diventati dipendenti. Nel frattempo è cresciuta l’antipolitica che premia gli uomini forti, sono cresciute la diffidenza verso tutto ciò che è Sistema, inclusa la Scienza e la Medicina. No Vax, scie chimiche, Poteri Forti, l’ultimo grido è la Terra piatta. E tu che ti sei sacrificato per noi, Neo. Per liberarci. Ma se siamo pieni di affascinanti sospetti e paranoie, se continuiamo a cercare realtà parallele, è anche colpa tua. Certe divinità pop con una mano danno e con l’altra tolgono: malediciamole.