La storia di un uomo fortunato, molto abile negli affari, il quale afferma che oggi non riscriverebbe “Gomorra”. Intorno a lui riuscite operazioni di marketing, e poco riuscite dimostrazioni delle minacce che avrebbe subito e che tuttora subirebbe
Da “La Verità”, Giacomo Amadori e Simone Di Meo
Anche se sostiene che oggi non riscriverebbe Gomorra, Roberto Saviano è diventato una vera azienda che della camorra e della criminalità organizzata ha fatto un lucroso business. Delle storie dei boss non butta via niente: le usa per scrivere libri, sceneggiare film, fare l’ autore di programmi tv e presenziare a convegni. Tutto lautamente ricompensato. Ma Saviano lascia poche tracce della sua notevole disponibilità finanziaria. Non risultano in Italia case a lui intestate, né società. Nel 2006, l’ anticipo e le prime ingenti vendite di Gomorra, gli fruttarono meno di 50.000 euro… Da allora le sue entrate (che, essendo frutto di opere dell’ ingegno, sono sottoposte a una tassazione agevolata) sono cresciute a dismisura. Nel 2009 il reddito imponibile era già salito a quasi 2 milioni, per stabilizzarsi intorno al milione negli anni successivi. Ma la stagione d’ oro è stata il 2017, quando ha addirittura totalizzato un imponibile che si aggirava sui 2,3 milioni. In circa un decennio ha portato a casa intorno ai 13 milioni di euro di reddito «pulito».
Questo grazie ai contratti con le case editrici, Mondadori e Feltrinelli su tutte, e con le case di produzione televisiva e cinematografica, come Cattleya (quasi mezzo milione per i vari contratti), Telecom-La7 (circa 400.000 euro), Fascino (intorno ai 350.000), ma anche come Rai ed Endemol, seppur con importi più ridotti. Senza considerare l’accordo con il gruppo editoriale Gedi. Negli Stati Uniti ha un conto corrente ben fornito e detiene una partecipazione del 100% nel capitale di una società americana che vale più o meno 1 milione di euro e che potrebbe essere un’immobiliare. Infatti risulta che Saviano in America, e precisamente a New York, sia proprietario di un bell’appartamento, dove si trasferisce con la compagna alcuni mesi all’ anno.
Mondadori è stata fin da subito particolarmente munifica con San Roberto. Tanto da pagargli cene e viaggi in giro per l’Italia. Nonostante avesse un conto in banca importante, Saviano ha spesso fatto ricorso al bancomat di Segrate per saldare le fatture di ristoranti e hotel. Uno chef ci ha svelato che, nel suo locale di lusso, la seconda portata alla scorta fu costretto a offrirla lui stesso, visto che «Filetto» (il soprannome con cui è noto fra gli scrittori, dall’origine controversa, ndr) traccheggiava.
Anche il progetto del suo sito www.robertosaviano.it che doveva essere una specie di Wikipedia della camorra si è arenato dopo un inizio scoppiettante, pare per mancanza di finanziamenti. Qualcuno che ci ha lavorato ricorda di essere stato pagato poco. Altri hanno prestato la loro opera senza ricevere nulla. Come Dario Salvelli. «Sono stato fesso? Probabilmente sì, non lo so» scrisse all’epoca sul suo blog Salvelli. Saviano ha incontrato in giro per il mondo Bono Vox, Philip Roth, Salman Rushdie, Lionel Messi, ha insegnato a Princeton e Boston, ha calcato l’austera sala del Premio Nobel, dialoga con Emmanuel Macron e altri capi di Stato. Nonostante la presunta cattività in cui vive, non gli sono mancate le avventure galanti o presunte tali. «Non sono tipo da ragazze» sospirò un giorno con la faccia afflitta Robertino.
Rushdie gli consigliò di andare ai party e di rinunciare alla scorta, come aveva fatto lui. Eppure, le voci – soprattutto nell’ambiente dei centri sociali prima, e dei salotti buoni poi – si sono rincorse. La fidanzata degli inizi – Serena B. – oggi lavora alla Feltrinelli di Trieste. Si è parlato di una «affettuosa amicizia» tra lo scrittore e l’ eurodeputata del Pd, Pina Picierno che, però, ha minacciato querele al riguardo, come se frequentare Saviano fosse diffamatorio. C’è chi gli ha attribuito la scrittrice Silvia Avallone, finalista del premio Strega. C’è poi chi ha favoleggiato su una liaison con Sofia Passera, figlia dell’ ex ministro Corrado. Guai però a chiedergli della sua vita privata. La verità è che Saviano, oggi, è un uomo accasato. La sua compagna ormai ufficiale per tutti nel suo entourage è Maria Di Donna, in arte Meg, ex cantante della band underground 99 Posse, da una quindicina d’ anni voce solista. Originaria di Torre del Greco, studi porticesi e residenza napoletana durante gli anni dell’ università, non viene mai associata a Saviano. Lui e la sua bella Meg risultano entrambi residenti in una caserma dei carabinieri dietro al Parlamento. In realtà convivono tra l’ appartamento di lui a New York e quello di lei a Roma.
Meg ha comprato casa nella Capitale nel 2009 poco dopo l’ inizio della storia con Saviano. L’ appartamento di 6,5 vani, con telecamera sulla porta d’ ingresso, compare in qualche foto su Facebook e su una parete si intravede un quadretto con il corallo di Torre del Greco, città d’ origine della cantante. Nella casa di 120 metri quadri Meg abita con la sua bimba di circa 10 anni. Recentemente è stata la voce narrante, oltre che interprete, della colonna sonora, guarda un po’, di Camorra, il documentario di Francesco Patierno presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e andato in onda su Rai 3.
Ma chi ha davvero minacciato Roberto Saviano? Qual è stata la scintilla che ha reso necessaria una protezione, per uomini e mezzi impiegati, inferiore a poche altre personalità? La risposta è: non si sa. A parte telefonate mute e lettere anonime denunciate da Roberto, tutto il resto si ignora. In un’ occasione, a piazza dei Martiri, Saviano si vede additato da due giovani, e pensa che forse vogliano sparargli. In un’ altra, un ristoratore gli chiede di non farsi più vedere nel suo locale. È un ordine dei clan, forse? No, solo la reazione (sopra le righe) di un commerciante che si sente offeso da un libro che, secondo lui, parla male della sua città…
La vulgata dell’ antimafia di carta racconta che i Casalesi vogliono farlo fuori per vendicarsi dell’ affronto subito durante la presentazione del libro, insieme all’allora presidente della Camera Fausto Bertinotti, a Casal di Principe. Ma i documenti che dovrebbero dimostrare il pericolo, e la sua attualità dopo 12 anni di protezione ininterrotta, non ci sono. Nessuno li ha mai visti. Anzi, esistono documenti che provano esattamente il contrario.I padrini Antonio Iovine e Francesco Bidognetti erano finiti sotto processo perché, secondo l’accusa, d’ intesa o comunque appoggiando la linea d’ attacco del loro legale nei confronti di Saviano, avrebbero attentato alla sua vita. Il processo, che si è chiuso quattro anni fa a Napoli, con la doppia assoluzione per i boss casalesi e con una condanna (poi cancellata per il trasferimento degli atti a Roma, dove il fascicolo ancora dorme) per Santonastaso, ha, invece, dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che i Casalesi non hanno mai minacciato Roberto. L’ex super latitante Iovine, oggi pentito, nel giugno del 2016 aveva spiegato ai pm che lo interrogavano di non aver mai pensato di minacciare Saviano e addirittura di aver rimproverato il suo legale per la notorietà che gli aveva regalato: «Tu sei scemo, ma chi è, ma che ce ne importa a noi di questo Saviano?» …