L’economia circolare, grazie a Eni e a Carlo Ratti, è stata una delle narrazioni architettoniche di maggior interesse del Fuorisalone 2019: “Volevamo costruire qualcosa che partisse dalla terra e tornasse alla terra” ha raccontato il 48enne architetto torinese. Qualcosa che ispirasse all’arte del riciclo e del riuso coinvolgendo i singoli visitatori e i creativi: “soprattutto in un periodo in cui grandi installazioni finiscono in discarica”.
Così, in un luogo simbolo come l’orto botanico di Brera, il fungo è diventato l’elemento fondante delle architetture promosse da Eni, da tempo ormai promotrice della sostenibilità ambientale legata alla circolarità.
Cos’è l’economia circolare
Non si tratta solo di una tendenza o di una moda. Intorno all’economia circolare ruota il futuro del pianeta, sempre più bisognoso di conservare le sue materie prime e limitare inquinamento e produzione di rifiuti. Per il mondo delle imprese, tutto questo si può riassumere nella volontà di trasformare quello che viene identificato come “spreco” in qualcosa di “valore” creando occupazione e risparmio nei processi produttivi. Ridare una nuova vita agli scarti è una missione sia etica che economica. E tutto ciò non riguarda solo i singoli rifiuti ma anche le grandi strutture: per Eni, ad esempio, significa riconvertire asset industriali in dismissione in impianti “green” e bio-raffinerie.
La posizione dell’azienda sui temi dell’economia circolare è ben riassunta da Monica Spada, responsabile progetti a lungo termine: “Eni ha iniziato un percorso di trasformazione e cambiamento che adotta i principi di minimizzazione degli scarti, valorizzazione dei rifiuti e riduzione degli sprechi che sono propri dell’economia circolare. Questa installazione è la cornice ideale per raccontare le nostre esperienze di circolarità trasversali a tutta l’azienda”.
Com’è nato The Circular Garden
Parte della mostra “Human Spaces”, organizzata dalla rivista Interni, il giardino circolare di Eni è composto da archi che identificano aree dove, grazie a totem predisposti, si raccontano i progetti principali dell’azienda o delle sue controllate. Dalla produzione dei bio-oli alle iniziative, come CappottoMio, di Eni gas e luce. Uno dei componenti fondamentali di queste strutture è rappresentato dal micelio, la parte vegetativa del fungo e realizzarle non è stato così semplice.
Se da una parte si nota l’influenza delle catene rovesciate di Antoni Gaudì, dall’altra c’è sicuramente la necessità di studiare un modo per trovare le geometrie perfette che potessero lavorare in compressione. “Per riuscirci abbiamo appeso delle corde facendo crescere attorno i funghi. Così il micelio è diventato la base dell’opera. Se le mettessimo tutte in fila raggiungerebbero la lunghezza di un chilometro”.
Il punto di partenza è stato duplice ricorda ancora Carlo Ratti: “Da un lato la voglia di sperimentare con nuovi materiali circolari e dall’altro la volontà di seguire la natura stessa dell’orto botanico: durante la prima passeggiata, infatti, abbiamo visto moltissimi funghi ed è stato quasi naturale pensare: perché non cercare di creare un’architettura che possa crescere come una pianta?”. L’ispirazione per un’opera che nasce direttamente dalle caratteristiche del luogo destinato ad accoglierla. E fino al 19 aprile avrete ancora la possibilità di viverla.
Articolo realizzato in collaborazione con Eni (che controlla Agi al 100%)
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