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Notre Dame
Le fiamme non arretrano mai, nemmeno davanti alla maestosità di Notre Dame. Sono bastate poche ore, lunedì sera, per ridurre in cenere mille anni di storia, cultura e arte, aprendo un enorme varco nella cattedrale e una ferita nel cuore dei francesi che solo il tempo riuscirà rimarginare. E intanto si cerca qualcuno o qualcosa contro cui puntare il dito. Tra gli imputati c’è anche il legno. A scagionarlo è l’archistar italiana Stefano Boeri, ideatore del Bosco Verticale di Milano e di molto altro. Per Boeri l’alternativa è solo una: “Ricostruire la cattedrale esattamente com’era, in tempi brevi e con gli stessi materiali”, perché se c’è una cosa errata tra le tante che sono state scritte e dette “è che parte della colpa sia del legno”.
“Parliamo di un legno dalla storia molto lunga, al quale probabilmente non era stata fatta una manutenzione adeguata, come il trattamento ignifugo, ad esempio”. Qualcuno lo sconsiglia in edifici storici ma “bisogna fare delle distinzioni: una cosa è effettuare il trattamento su un’opera d’arte lignea e un’altra è farlo su un tetto o sulle travi”. L’opera potrebbe subire un danno a contatto con le sostanze chimiche, mentre il tetto può solo uscirne rafforzato. “Il beneficio in questo caso è molto più alto di un ipotetico danno”, ha continuato Boeri. Ecco perché “è fondamentale avvalersi delle più moderne e accurate tecnologie”, non allo scopo di manipolare opere e strutture ma di conservarle nei secoli.
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Stefano Boeri
Della stessa opinione è anche Stefano Berti, dirigente di ricerca di Cnr-Ivalsa (Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche). “Il legno brucia, è un fatto, ma ciò non vuol dire che non sia un ottimo materiale”. Ancora: “Quello che è successo a Notre Dame, in teoria, potrebbe ripetersi in migliaia di altre chiese ed edifici storici in quanto la maggior parte di essi, in Italia e nel resto d’Europa, presenta grandi strutture in legno. Ma non per questo bisogna considerarlo un problema”.
La verità – prosegue Berti – “è che negli edifici in legno sono molto più frequenti e probabili i problemi di infiltrazioni e muffe che quelli di incendio”. Il rogo di Notre Dame è stato così devastante “anche per il luogo in cui sono divampate le fiamme, cioè in alto, rendendo gli interventi più difficili e meno invasivi”.
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Notre Dame
Ma come evitare le fiamme? “La prevenzione è limitata”, mette in guardia Berti. “La cosa più importante da fare è mettere in sicurezza gli impianti elettrici, soprattutto negli edifici antichi o datati. Ma al di là di questo c’è poco da fare in anticipo. Ci sono delle strategie per ritardare il propagarsi delle fiamme, ad esempio effettuando degli interventi di ignifugazione, giù molto utilizzati nell’edilizia popolare”.
Di una cosa Berti è certo: “Se chiese e palazzi storici sono parzialmente costruiti in legno è solo un bene. È vero che all’epoca la scelta cadde sul legno perché era il materiale più diffuso e utilizzato, ma i pregi sono molti: è rinnovabile, leggero, offre delle garanzie strutturali importanti e presenta un rapporto tra resistenza meccanica e peso migliore dell’acciaio”. Addirittura, in alcuni casi “è più resistente dell’acciaio che fonde a temperature elevatissime come quelle raggiunte in una stanza in cui è divampato un incendio. Il legno invece resiste, a meno che non è interessato direttamente dalle fiamme”.
C’è un ultima considerazione da fare: “Poiché in Italia è più facile che un abitazioni, palazzi e monumenti cadano vittime di un terremoto che di un incendio, gli edifici in legno sono ancora la scelta migliore. Pensiamo alla basilica di San Francesco ad Assisi: il terremoto dell’Umbria del 1997 fece crollare parte della struttura ma solo perché fu appesantita dal cordolo di cemento aggiunto durante i lavoro di rinsaldamento del tetto. È molto probabile che senza quel cordolo il tetto sarebbe rimasto su”.
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Intanto, osserva Boeri, il rogo di Notre Dame ha prodotto uno shock culturale molto profondo e il fatto che la seconda chiesa più visitata in Europa sia stata restaurata pesantemente nel 1800 non ne riduce il valore. Il riferimento è al critico d’arte Vittorio Sgarbi che ha affermato che l’incendio di Notre Dame ha un alto valore simbolico ma non rappresenta un danno artistico perché frutto di una ricostruzione di metà ‘800.
“È vero che la struttura non è più quella originale del Medioevo – afferma Boeri – ma questo non vuole dire che abbia perso valore. È la storia dei nostri beni culturali: molti dopo danneggiamenti e crolli hanno subito modifiche a facciate o a strutture. È così per il campanile di San Marco a Venezia o per il Castello sforzesco di Milano, solo per citarne due. Se gli interventi di restauro vengono effettuati in modo fedele e puntuale, non sminuiscono il valore dell’opera. Anzi, in molti casi lo accrescono, testimoniando così lo scorrere del tempo e le vicissitudini storiche”.
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