Ci diranno i prossimi sondaggi se il caso Siri ha avuto ripercussioni sul gradimento della Lega tra gli elettori. Quel che è certo è che il coinvolgimento del sottosegretario alle Infrastrutture, uomo di punta del Carroccio e tra i più vicini a Matteo Salvini (che gli ha affidato il dossier flat tax), ora coinvolto nell’inchiesta su presunti favori a un imprenditore dell’eolico, peserà sugli equilibri interni al Governo.
Luigi Di Maio per ora evita toni ultimativi. La prima reazione alla notizia è improntata alla cautela. «Se i fatti fossero questi, Siri dovrebbe dimettersi», è l’invito del leader pentastellato. Usa il condizionale Di Maio mentre la Lega contemporaneamente scende in campo con una nota in cui conferma «piena fiducia» a Siri, auspicando che «le indagini siano veloci». Ma per quanto «veloci» è pressoché impossibile che il chiarimento invocato arrivi prima delle elezioni del 26 maggio.
Lo sanno sia Salvini che Di Maio. Nessuno dei due vuole spingere sull’acceleratore, mettendo a rischio l’Esecutivo. Ma siamo solo all’inizio. Alessandro Di Battista è tornato a far rullare i tamburi. «Siri deve dimettersi all’istante» perché «nessun governo del cambiamento -attacca – può tollerare che vi sia un esponente indagato per reati così gravi» come la corruzione. Poco dopo detta il suo pensiero alle agenzie anche Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia, che parla di «inquietanti le ombre di mafia» con riferimento al possibile “legame” con Vito Nicastri (già smentito da Siri) in quanto l’imprenditore siciliano, già agli arresti domiciliari è tra coloro che avrebbero sostenuto la latitanza del boss Matteo Messina Denaro.
Ovviamente anche le opposizioni si stanno mobilitando e in particolare il Pd, finito al centro dell’inchiesta sulle assunzioni pilotate in Umbria. Salvini,che soltanto ieri era in piazza a Perugia per incassare il dividendo provocato dalle dimissioni della governatrice dem Catiuscia Marini, oggi è costretto a giocare in difesa. Eppure chi rischia di più in questa storia potrebbe essere Di Maio, costretto da un lato a non porre all’alleato di governo pericolosi aut aut e dall’altro a non mettere in pericolo il faticoso recupero negli ultimi sondaggi del M5s, mostrandosi nuovamente troppo appiattito su Salvini.
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