Agf
Pasquale Tridico
Alle prime comunicazioni dell’Inps per il Reddito di cittadinanza è scoppiato il caos. E lo spettacolo dell’ormai celeberrimo social media manager dell’Istituto di previdenza è terminato ma costringe il neo presidente Pasquale Tridico a scusarsi pubblicamente. La vicenda non finisce qui. Perché si parla di palese “Autogol dell’Inps che fa ironia sui social” (la Repubblica), di “Bufera-social sulle risposte Inps” (Il Messaggero), di “Cittadini che scoprono il bluff” (Il Giornale), di “Caos sulle cifre tra bonus e detrazioni” (Il Fatto).
“Il Reddito di cittadinanza delude, dopo che in molti si sono visti assegnare sulle card in distribuzione cifre persino inferiori ai 50 euro”, attacca Il Messaggero di Roma, che racconta come la pagina Facebook è diventata virale anche a causa delle risposte poco istituzionali rivolte dal social media manager ai cittadini che chiedevano chiarimenti”. Il quale si è difeso “dicendo che gli otto canali social dell’Inps sono gestiti da un team di appena tre persone e che non è possibile interagire in tempo reale con duemila utenti”.
Una valanga di richieste di chiarimento si era infatti abbattuta sulla pagina dell’Istituto nazionale di previdenza sociale perché, dopo che nei giorni scorsi l’Inps stessa aveva iniziato a inviare mail e sms ai cittadini che avevano richiesto il sussidio a marzo per comunicare loro l’esito della procedura, chi è stato ritenuto idoneo ha iniziato “a chiedere quando avrebbe potuto ritirare la card e chi è stato tagliato fuori ha preteso delle spiegazioni”. E qui è iniziato il caos.
“A volte ricevono risposte brusche. Altre migliaia urlano la loro rabbia sui social dopo aver avuto l’amara sorpresa di un assegno che in alcuni casi si limita ad un obolo di 50 o 100 euro: “Ma state scherzando?”. “È questo l’aiuto che ci date?”. “Da oggi farò campagna elettorale contro i 5 Stelle”. E l’Inps non regge l’urto” riferisce la Repubblica. “Nella normalità l’avamposto social dell’istituto se la cava decorosamente”, si legge ancora.
“Stavolta invece — via Facebook — si presenta l’Italia arrabbiata, disorientata, a volte disperata che il reddito di cittadinanza lo pretende, magari senza sforzo. (…) L’errore dell’Inps è anche questo. Il modello della piazza web aperta, tipico di Facebook, non può funzionare su una questione come il reddito (e infatti sarà accantonato)”. Tanto che una volta “notata l’enorme falla nella comunicazione social dell’Inps, si muovono anche i falsari del web. Circolano in Rete — accusa Tridico — finte risposte”.
Lo scambio di battute lo riporta tuttavia Il Giornale: “Ma scusi, 60 euro? È uno scherzo?”. “Cioè 40 euro di importo? Ci deve essere un errore, si sono sbagliati”. Invece no, “è possibile, il calcolo è automatico sulla base dei dati da lei presentati”, li gela l’Inps. “C’è chi denuncia importi bassissimi, in alcuni casi poche decine di euro al mese, a fronte di quei 780 immaginati, attesi, sperati. La cifra che era stata sbandierata in campagna elettorale in molti casi non coincide con quanto sarà erogato ai 487.677 beneficiari accettati su 800 mila richiedenti” puntualizza il quotidiano, che aggiunge: ” La gioia per la conferma del sussidio lascia spazio alla rabbia quando molti scoprono sul sito dell’Inps gli importi loro assegnati”. E parte la rivolta via Facebook.
“Intanto i Caf prevedono un calo di domande”, segnala il quotidiano diretto da Sallusti. “A fine marzo, segnalano, erano state 585 mila. Ad aprile ne sono state invece elaborate 60 mila: “I dati sono al di sotto delle stime del governo. Non crediamo che si arriverà a un milione e 300 mila di famiglie beneficiate”. E sembra essere calata anche la fiducia degli italiani nella misura: secondo un sondaggio Emg Acqua per Agorà, la maggior parte, il 70%, rinuncerebbe al reddito di cittadinanza in cambio di un abbassamento delle tasse”.
L’episodio in sé dà il pretesto a Luca Bottura, firma ironica e irriverente de la Repubblica, di scrivere che la sceneggiata che è andata in Rete altro non è che “L’Italia allo specchio” tra “domande senza senso e risposte senza garbo” che mettono in evidenza da parte di chi si rivolge allo Stato “una minima alfabetizzazione funzionale, letterale, informatica” e o da quella di chi deve rispondere “dimostra insofferenza per chi dovrebbe servire”.
Tuttavia, per Bottura, l’intera vicenda ruoterebbe intorno a due parole chiave: la prima parola è “opportunità”. “Cioè: non è affatto opportuno che chiunque si ritrovi a gestire la comunicazione coi cittadini, si esprima come nei peggiori Internet bar di Caracas e bullizzi gli interlocutori. Se ti pagano poco, se persino lo Stato è incapace di garantirti un lavoro civile, dovresti comportarti come consigli agli altri utenti: lamentati coi tuoi referenti politici” osserva criticamente.
E la seconda? È “consapevolezza”. Nel senso che “la mancata percezione di essere passato dall’altra parte della barricata, di non essere più sulla propria paginetta personale. Un po’ come i grillini che dopo essere arrivati in Parlamento, molto più retribuiti del blastatore mascherato, continuano a comportarsi da persone comuni. Scrivono sciocchezze, e sostengono di far satira. Attaccano i privilegi altrui e spendono di telefono appena più di E.T. Fanno i progressisti e reggono a Salvini la mazza da baseball. Ignari eredi della doppia morale togliattiana, con Casaleggio al posto del Migliore”.
Morale? “Uno scontro tra Titanic. E tra italiani. Quelli che chiedono il dovuto, in modo sconnesso e spesso in malafede, tra un buongiornissimo e un “condividi se sei indignato”, dopo aver dato fiducia a una banda di promettitori seriali. E quelli che disprezzano il pubblico, sia come datore di lavoro che come fastidioso richiedente di servizi, e non si peritano di dimostrarlo platealmente. Non vedete quanto si somigliano? Ora guardateli da più vicino: uno vale uno”, conclude Bottura.
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a [email protected].
Se invece volete rivelare informazioni su questa o altre storie, potete scriverci su Italialeaks, piattaforma progettata per contattare la nostra redazione in modo completamente anonimo.