Un decoder basato sull’intelligenza artificiale traduce in parole l’attività del cervello. E’ il primo passo verso future interfacce cervello-macchina che restituiscano la capacità di parlare a chi non può più farlo a causa di incidenti o malattie come Parkinson e Sla. Descritto sulla rivista Nature, il dispositivo è stato sviluppato dal gruppo dell’università della California a San Francisco coordinato da Gopala Anumanchipalli.
“Questa ricerca è una dimostrazione che in futuro saremo in grado creare strumenti che tradurranno il pensiero in ‘azioni’ come la parola”, ha detto all’ANSA Carlo Miniussi, direttore del Centro Mente Cervello (Cimec), dell’Università di Trento a Rovereto. Il risultato, “in linea con altri simili ottenuti anche in Italia, mostra – ha aggiunto – che ci sono delle chiare prospettive per la costruzione di ‘neuro-protesi’ che possono migliorare la nostra esistenza, non solo quando siamo affetti da una patologia che compromette la nostra capacità di parlare, ma anche per controllare arti robotici”.
Il dispositivo riproduce virtualmente gli organi coinvolti nel linguaggio, come labbra, mandibola, lingua, e laringe. Per metterlo a punto i ricercatori hanno registrato l’attività delle aree della corteccia del cervello di cinque volontari che parlavano ad alta voce. Quindi hanno analizzato i segnali cerebrali che controllano i movimenti degli organi coinvolti nel linguaggio e il sistema basato sull’intelligenza artificiale li ha convertiti in suoni e parole grazie a un sintetizzatore. Nei test il sistema è riuscito ad articolare 101 frasi e i volontari che le ascoltavano sono riusciti a identificarle e a trascriverle.