Il totale delle passività delle famiglie «è stato pari a 926 miliardi di euro, un ammontare inferiore, in rapporto al reddito, rispetto agli altri paesi». Così a fine 2017 secondo l’indagine “La ricchezza delle famiglie e delle società non finanziarie italiane” di Istat e Banca d’Italia.
In particolare «le abitazioni hanno costituito la principale forma di investimento delle famiglie e, con un valore di 5.246 miliardi di euro, hanno rappresentato la metà della ricchezza lorda».
Il valore della ricchezza pro capite delle famiglie italiane si è collocato leggermente al di sopra di quello delle famiglie tedesche, a leggere i dati dell’indagine congiunta. Diverse le variabili che potrebbero influire sul risultato, tra cui anche la tendenza delle famiglie italiane a immobilizzare la ricchezza, investendo ad esempio molto sul “mattone”.
Complessivamente la ricchezza netta delle famiglie italiane ha raggiunto quota 9.743 miliardi di euro. «Tra fine 2016 e fine 2017 la ricchezza netta valutata ai valori correnti è aumentata di 98 miliardi di euro (+1%), dopo aver registrato riduzioni nel triennio precedente», si legge nel Rapporto. Un aumento che, viene spiegato, «riflette l’aumento delle attività finanziarie pari a 156 miliardi di euro (+3,7%), che ha ampiamente compensato la riduzione di 45 miliardi di euro (-0,7%) delle attività reali, in diminuzione dal 2012, e l’aumento delle passività finanziarie di 13 miliardi di euro (+1,4%)». Nel dettaglio la variazione delle attività finanziarie ha beneficiato prevalentemente dei guadagni in conto capitale, derivanti dalla dinamica positiva dei prezzi delle attività, specialmente degli strumenti azionari. Invece «la diminuzione del valore dello stock di attività non finanziarie di proprietà del settore (-0,7%) va imputata essenzialmente al calo registrato alla fine dell’anno dal valore delle abitazioni (-0,6%) e degli immobili non residenziali (-1,9%), riconducibile alla discesa dei prezzi sul mercato immobiliare».
La ricchezza netta delle famiglie italiane è stata pari a 8,4 volte il reddito disponibile, misurato al lordo degli ammortamenti. «Secondo i dati dell’Ocse questo rapporto è più alto di quello relativo alle famiglie francesi, inglesi e canadesi» anche se «nel periodo il divario si è notevolmente ridotto». Il livello elevato di quest’indicatore nel confronto internazionale «è amplificato dal ristagno ventennale dei redditi delle famiglie italiane».
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