«L’Europa ha poco da ammonire. In Spagna, Grecia, Francia e Finlandia c’è una disoccupazione crescente che mette a rischio intere generazioni. Vanno rivisti alcuni numerini decisi a tavolino a Bruxelles che stanno bloccando anche la Germania». Così il vice premier Matteo Salvini parlando a Tg2 Post. «Siamo noi che diamo 6 miliardi all’Europa e dovremmo essere noi a richiamarla, non viceversa. Chi vota Lega sa che stracceremo alcuni vincoli europei». «Le regole vanno cambiate ma questo non vuol dire uscire dall’Unione europea. Non è nel contratto di governo e non esiste» replica il vice premier M5S Luigi Di Maio, che assicura: «Trovo assurdo che si chieda un voto per le europee se poi l’obiettivo come leggo è portare l’Italia fuori dalla comunità europea. Io questo non lo permetterò».
Nella maggioranza prosegue in un’atmosfera di scontro frontale il percorso di avvicinamento al voto. Dai leader giù per i rami ai dirigenti dei due partiti è tutto un rincorrersi di attacchi e repliche. È soprattutto sulle inchieste che si litiga nelle ultime ore, con messaggi ultimativi da ambo gli schieramenti.
Per Salvini deficit e debito caleranno se gli italiani lavoreranno e cambieranno le regole europee» («tornerei al pre Maastricht con regole economiche normali») e spiega di considerarsi un «europeista convinto» a differenza di socialisti e Ppe «che hanno trasformato il sogno dell’Europa in un incubo». È stupito nell’ultimo periodo della consonanza di no del Movimento e Pd. «Ma noi lavoriamo serenamente e tranquillamente», aggiunge il titolare del Viminale. Che, tornando sulla vicenda della Sea Watch, assicura: «Non c’è presidente del Consiglio che tenga e non c’è ministro dei 5 stelle che tenga: in Italia i trafficanti di esseri umani non arrivano più». Anche qui arriva la replica di Di Maio: «Non c’è molto da aggiungere rispetto agli attacchi al presidente del Consiglio, che ha tutto il sostegno mio e del governo» dice il leader Cinquestelle, «di uomini soli al comando ne abbiamo già avuti e in
Italia non ne sentiamo certo la mancanza».
Ombre fosche sulla tenuta dell’esecutivo si sono addensate già di buon mattino per le parole del capogruppo della Lega alla Camera Riccardo Molinari («quando manca la fiducia e se Di Maio è convinto che la Lega sia un partito di corrotti andare avanti diventa molto complicato»). Ma fonti di governo penstatellate fanno filtrare a stretto giro la propria fermezza. «Non pensiamo che la Lega sia fatta tutta di corrotti ma che si tiene i corrotti purtroppo sì. E di questo deve rispondere ai propri elettori. Non possono pensare di governare con una forza come il M5S che ha come valore principale la lotta alla corruzione e comportarsi come se stessero ancora governando con Berlusconi. I corrotti vanno allontanati, su questo non molleremo mai indipendentemente dalle elezioni». C’è di più. «Le dichiarazioni di Molinari sembrano mettere le mani avanti per salvare Rixi, se dovesse essere condannato. Se pensano che dopo le elezioni cambierà qualcosa e che con la minaccia di far cadere il governo il M5S accetterà di tenersi un condannato nell’esecutivo continuano a non capire il valore dell’anticorruzione per il Movimento».
Interpellato stamani dalla stampa estera sugli ultimi arresti in Lombardia, Matteo Salvini ne ridimensiona la portata. «Le indagini riguardano tre persone e io non faccio il giudice. Ho piena fiducia nella magistratura ma per gli elementi che ho a disposizione su queste tre persone non ho visto mezzo reato. Lasciamo che la giustizia faccia bene il suo corso, fortunatamente i tempi di Tangentopoli sono passati».
«Si parlava di benessere e piena occupazione mentre le regole imposte da Bruxelles stanno portando alla piena disoccupazione» ha aggiunto spiegando che «il bilancio dei prossimi sette anni dell’Europa è inaccettabile e va rivisto e va rivista la direttiva sulle banche che crea rischi all’intero sistema bancario».
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E si marca la distanza sul terreno delle scelte per troppo tempo rimandate. «Noi siamo il partito dei sì e il 26 maggio speriamo, anzi crediamo, che verranno premiati i sì e non i no». Proprio a sottolineare la profonda divergenza sul punto con gli alleati, ad esempio sul gasdotto da Israele attraverso Cipro su cui il Carroccio è d’accordo mentre i pentastellati «hanno dubbi». Però, attacca Salvini, «non si può vivere di dubbi». Puntuale giunge la verisione opposta di marca M5S. «Salvini mente sulla storia dei “no” dei Cinque Stelle. Il 90% dei provvedimenti di questo governo sono a firma del Movimento mentre tutti sanno che Salvini passa più tempo nelle piazze ed è un desaparecido nel suo ministero. I 5 Stelle governano, Salvini comunica».
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