A Bolton, ex ambasciatore degli Usa all’Onu e sottosegretario di Stato sotto George W. Bush, si deve con Donald Rumsfeld, Colin Powell e altri falchi repubblicani la campagna sulle armi chimiche di distruzione di massa che l’Onu avrebbe poi scoperto Saddam Hussein non avere più. Ma nel 2003 si voleva invadere l’Iraq e rovesciarlo. Bolton è anche tra i duri e puri rimasti convinti delle sue idee ed è ancora in sella: Trump lo ha voluto come suo primo advisor alla Sicurezza nazionale, dopo aver silurato altri falchi. In confronto a lui più soft.
ESCALATION CERCATA DA MESI
Bolton è per la guerra a oltranza all’Iran e al Venezuela (suo il discorso del 2002 contro «l’asse del male»), tornasse indietro attaccherebbe l’Iraq «alla prima guerra del Golfo». E da quando (grazie a Trump) Bolton è tornato a frequentare la Casa Bianca, il presidente americano ha potuto lanciare la sua offensiva di «massima pressione all’Iran»: un mese dopo, il 9 maggio 2018, gli Stati Uniti hanno stracciato l’accordo internazionale sul nucleare con Teheran, ripristinando gradualmente le massime sanzioni economiche.
Bolton si è consultato con il dipartimento della Difesa sulle opzioni militari possibili contro la Repubblica islamica, i media americani hanno riportato indiscrezioni su suoi piani di attacco fermati quando a capo del Pentagono c’era James Mattis, il comandante «cane pazzo» della guerra in Iraq che si è poi dimesso nel gennaio scorso. Guarda caso per divergenze con Trump.
È convinzione anche dei democratici americani – non solo di Zarif – che Bolton sia alla ricerca di una scintilla per muovere guerra agli ayatollah: nel suo staff di collaboratori ci sono altri falchi, la vecchia cerchia che costruì l’aggressione a Saddam è stata vista ricomparire alle riunioni, frequentate anche dall’allora vice di Bush junior Dick Cheney. Con Israele, Bolton insiste nell’affermare che l’Iran stia costruendo la bomba atomica, smentito dalle ispezioni dell’agenzia sul nucleare Aiea delle Nazioni Uniti e dai rapporti degli ultimi anni delle intelligence e del Pentagono. E mentre questa primavera la portaerei nucleare Lincoln marcia verso un Golfo Persico tornato caldissimo per una serie di misteriosi attacchi a petroliere saudite e degli Emirati, il quotidiano britannico Guardian si chiede, in un commento, se davvero «John Bolton non sia l’uomo più pericoloso del mondo».
TRUMP E BOLTON SMENTITI DALLE INTELLIGENCE
La Lincoln con 40 cacciabombardieri puntati contro l’Iran sarebbe stata inviata dopo un colloquio a Washington tra una delegazione di consiglieri per la sicurezza israeliana e la controparte che fa capo a Bolton, dopo vaghe segnalazioni della sicurezza israeliana di «movimenti dell’Iran di minaccia agli Stati Uniti e agli alleati della regione». Forse navi militari dei pasdaran o della marina iraniana con missili balistici a bordo, in acque territoriali proprie e in una costa – di fronte al nevralgico Stretto di Hormuz – dove fino a pochi giorni prima, secondo anche una ricostruzione del New York Times, le intelligence americane non rilevavano minacce dirette alla sicurezza o per gli alleati. Anche secondo le informazioni del Guardian, raccolte da «molteplici fonti» della stessa intelligence che per Bolton registra «un’escalation di allarmi», l’Amministrazione di Trump soffierebbe invece sul fuoco.
IL REGNO UNITO SI TIRA FUORI
La minaccia prospettata sarebbe «sproporzionata», gli stessi comandi britannici di base nella regione escluderebbero prove di un aumento del pericolo nel Golfo Persico. Dal Regno Unito rimasto scottato dalla guerra in Iraq avvertono come Bolton non si «faccia scrupoli a manipolare o a ignorare completamente le intelligence per portare avanti la sua agenda, cosa che sta esattamente accadendo». Oltreoceano, Bernie Sanders non ha dubbi ed etichetta l’ex stratega di Bush come «l’architetto che vuole trascinarci in una guerra contro l’Iran come contro l’Iraq». Per l’esperto iraniano di relazioni internazionali Trita Parsi, influente mente del National Iranian American Council di Washington, la «risposta implacabile» promessa da Bolton a Teheran non è mai stata così vicina negli ultimi 10 anni, dal tempi cioè dell’embargo all’Iran di Mahmoud Ahmadinejad, e Bolton «spinge da tempo per la crisi».
IL CHIODO FISSO DI BOLTON
Bolton e Trump dicono di non «volere la guerra» e di voler rispondere solo se attaccati. Eppure dal presunto «sabotaggio» delle navi degli alleati degli americani, anche il New York Times riflette su come «spingendo gli Usa alla collisione con l’Iran il consigliere nazionale alla Sicurezza realizzerebbe un obiettivo di politica estera perseguito da tempo». La situazione può sfuggire facilmente di mano perché al Pentagono non c’è più Mattis, e anche MbS e MbZ, strettissimi alleati di Trump, sono tutt’altro che moderati: dal 2015 il principe saudita sferra raid indiscriminati in Yemen sulle aree dei ribelli Houthi sostenuti dall’Iran; MbZ, suo grande amico, gli dà man forte con i rinforzi a terra dagli Emirati. Nel 2017 sempre MbS ha stretto in un embargo il Qatar, diventato amichevole con l’Iran. Da Doha si tentano negoziati probabilmente impossibili tra Washington e Teheran: Zarif è stato ambasciatore all’Onu con Bolton. Lo conosce bene, e non solo Zarif.