Quattro modelli per il futuro è un libro al tempo stesso visionario e pragmatico. Del resto, nell’introduzione, Frase lo scrive apertamente: “c’è bisogno di soluzioni politiche”. Gli chiedo se sia mai riuscito a “dare la linea” a un politico, magari sfruttando il recente consenso di cui godono gli intellettuali radicali negli Stati Uniti. «In questo momento gli interessi politici sono così complessi che non c’è ancora spazio per dire no al lavoro. È ancora più facile fare discorsi sulla necessità di avere dei buoni lavori e degli ottimi stipendi. Anche a Sinistra, è complicato parlare di “meno lavoro”, mentre è più facile puntare sul “lavoro migliore”.» L’idea di lavorare tutta la vita è ancora molto radicata a Sinistra. Solo se lavori, se hai uno stipendio, se contribuisci, puoi essere a tutti gli effetti un membro della comunità. «Non importa se, ad esempio, lavori per la grande finanza e le tue scelte distruggono l’economia e posti di lavoro. Di fatto sei un membro rispettabile della società!» La battaglia in questo momento a Sinistra è proprio sulla creazione di una struttura di diritti fondamentali per chi lavora. «È pure questa la piattaforma di Bernie Sanders: bisogna creare buoni lavori, ben pagati e che abbiamo in sé anche una protezione fatta di diritti fondamentali.» Ci sono altre due concetti, poi, che nel dibattito sulla Sinistra devono tornare centrali. Quello del reddito universale e quello di redistribuzione. In Italia l’idea del reddito universale è diventata il reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle. Un’idea giusta sviluppata in modo contraddittorio. Questo perché, ci ricorda Frase, «è difficile sapere se si tratti di un’idea di destra o di sinistra. Perché per economisti liberisti come Charles Murray e Milton Friedman il reddito universale diventa una “mancia” che sostituisce misure di tassazione e politiche di welfare. Non abbiamo la sanità pubblica ma ti diamo i soldi per pagarti l’assicurazione sanitaria. È un’idea anarco-capitalista di quelle che piacciono molto anche nella Silicon Valley: i soldi vanno tutti rimessi nel mercato.»
Redistribuzione, quindi. Un’idea tornata forte dopo che al meeting di Davos il giovane studioso Rutger Bregman ha detto ai super ricchi di non fare più beneficienza ma tornare a pagare le tasse. «Il potere oggi è estremamente concentrato, e lo è ancora di più rispetto ai primi tempi del capitalismo industriale. Ed è il momento di pretendere indietro quel potere e quel livello di benessere. Cosa succederebbe se, da Sinistra, si innescassero dei meccanismi di redistribuzione per cui anche le classi lavoratrici, oggi, avessero una rete di sicurezza per tornare a chiedere condizioni migliori, essere più ambiziosi e più forti? Del resto, in questa congiuntura la Sinistra ha perso l’occasione di fare qualcosa di importante.» Quello che è certo, infatti, è che le persone si stanno rendendo conto di vivere dentro una delle società più diseguali di sempre. Una disuguaglianza a cui giovani e meno giovani danno risposte diverse. «Siamo all’inizio di questo processo per cui le idee tradizionali di capitalismo e socialismo non servono più. Per questo le giovani generazioni saranno più veloci di noi a cogliere i cambiamenti e a dare risposte politiche che si sposteranno sempre più a sinistra. Perché sanno che c’è bisogno di qualcosa di nuovo e di diverso. Le generazioni precedenti saranno invece sempre in qualche modo legate all’idea nostalgica della grandezza del tempo che fu. Un elettorato bianco, maschio, eterosessuale su cui attecchisce un immaginario fatto di buon lavoro pagato, una buona famiglia rispettabile, un buono stipendio. I più giovani invece, sanno che il vecchio sistema non ha niente da dar loro.»
Quello che serve, allora, è creare uno spazio per diventare egemoni. «C’è uno sacco di spazio. Il pensiero politico radicale di sinistra ha cominciato a infiltrare il mainstream. È una rigenerazione politica e culturale. Siamo all’inizi, e c’è ancora molta strada da fare. Quando Bernie Sanders è apparso sulla scena politica anche persone come me, che erano completamente disilluse, sono tornate a pensare che valesse ancora la pena dare un contributo.» Il futuro quindi può esistere? «È interessante che oggi si possa parlare di creare alternative al capitalismo ai livelli più alti. Lo spazio politico si è creato. Stiamo facendo progressi. Non sarà facile. Non sarà breve. Ma penso che la situazione sia migliore di dieci anni fa».
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