Senza il capitale naturale non abbiamo possibilità di benessere, salute e sviluppo
Il 22 maggio è la giornata indetta dalle Nazioni Unite per celebrare la Biodiversità, la ricchezza della vita – a livello di ecosistemi, specie e geni – sul nostro Pianeta. “La crisi provocata dalla continua perdita della biodiversità – sottolinea il Direttore Scientifico WWF Italia, Gianfranco Bologna – costituisce una delle più grandi emergenze per il nostro immediato futuro perché mette a rischio la rete della vita che ci consente di respirare, bere e mangiare. Infatti la salubrità e vitalità dei sistemi naturali è la sola garanzia per poter disporre di aria, acqua e cibo sani per l’umanità. Dove la ricchezza della vita del nostro mondo soffre, ne risentono il benessere, la salute e le possibilità di opzioni per l’attuale e futuro sviluppo dell’umanità”.
Proprio ai primi di questo mese l’autorevole Intergovernmental Science Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, l’organismo ONU che svolge un ruolo equivalente per la biodiversità di quello che l’ IPCC esercita per il cambiamento climatico, ha presentato il frutto di un lungo lavoro il “Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services” confermando la estrema gravità dello stato della biodiversità mondiale.
Abbiamo trasformato almeno i tre quarti degli ambienti naturali originali delle terre emerse, abbiamo significativamente alterato gli ecosistemi marini di almeno il 66% della loro estensione, abbiamo distrutto l’85% delle zone umide dal 1700 ad oggi, sottraiamo risorse non rinnovabili e rinnovabili per oltre 60 miliardi di tonnellate ogni anno. Inoltre gli studiosi ci dicono che ad oggi si ritiene che almeno un milione di specie viventi siano a rischio di estinzione se il tasso di trasformazione e consumo degli ecosistemi e delle risorse naturali continuerà ai ritmi attuali e confermano che l’attuale tasso di estinzione è da decine e centinaia di volte superiore se comparato a quello registrato negli ultimi 10 milioni di anni e che sta accelerando.
Il tema delle biodiversità, del suo valore e della sua salvaguardia deve diventare un tema centrale delle agende politiche internazionali, europee e nazionali, ma anche più diffuso tra i cittadini. Nel 2020 la 15° Conferenza delle Parti della Convenzione ONU sulla Diversità Biologica che si terrà in Cina, dovrà elaborare e approvare la nuova strategia decennale mondiale per la biodiversità che scade proprio in quell’anno, e questa deve essere un’occasione unica per elaborare un piano ambizioso che coinvolga governi, il mondo dell’economia e della finanza, i cittadini e le imprese.
“Il WWF è parte di un movimento globale per concretizzare un New Deal for Nature and People che dia una svolta significativa all’impegno di tutte le nostre società mirato a salvaguardare la rete della vita che ci consente di esistere, il capitale naturale senza il quale non abbiamo possibilità di benessere, salute e sviluppo nel futuro – continua Gianfranco Bologna – . Inoltre il tema della perdita della biodiversità è strettamente legato al cambiamento climatico, in particolare per il complesso ciclo del carbonio, così importante per il sistema climatico e per i sistemi naturali, un elemento essenziale per la vita sulla Terra che non a caso viene sequestrato da importanti ambienti delle terre emerse, come le foreste e gli oceani. Questi ultimi purtroppo, proprio per l’eccesso di carbonio atmosferico immesso dalle azioni umane, si stanno pericolosamente acidificando. L’obiettivo di mantenere per quanto possibile la temperatura media della superficie terrestre non oltre 1.5°C sopra a quella del periodo preindustriale è un obiettivo comune per entrambe le emergenze, quella climatica e quella della perdita di biodiversità”.
Per invertire la rotta della perdita di biodiversità, che il WWF ha affrontato nuovamente nel suo ultimo Living Planet Report 2018, dimostrando come la perdita di numerose popolazioni di animali vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci) dal 1970 sia diminuita di quasi il 60%, è fondamentale la creazione e la gestione efficace di sistemi di aree protette, la realizzazione di sistemi di connessioni tra queste aree e una grande azione di ripristino e restauro degli ambienti già distrutti e compromessi. Per questo ultimo punto l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato che il decennio 2021-2030 sarà il decennio del restauro ecologico: uno sforzo mondiale per recuperare gli effetti negativi della crescita industriale e umana sul Pianeta
Con un’azione decisa e coordinata si dovrebbe avere come obiettivo il raggiungimento del 30% di territorio protetto entro il 2030, e del 50% nel 2050 (come indicato da autorevoli studiosi di biologia della conservazione in uno studio scientifico recentemente pubblicato)[1] Diverse di queste aree potrebbero assolvere anche le funzioni di quelle che si definiscono Climate Stabilization Areas (CSA) contribuendo significativamente a fermare il cambiamento climatico in atto.
E’ urgente agire subito e il nostro Paese, tra i piu’ ricchi di biodiversità in Europa, è chiamato a fare la sua parte sia per l’ampliamento e il rafforzamento in termini di efficacia ed efficienza nella gestione del sistema delle aree protette, sia nella difesa delle specie a rischio, sia nell’innovativo campo del ripristino ecologico che ci vede già protagonisti di programmi molto significativi. Per fare un esempio il primo progetto a scala europea sul restauro degli ambienti marini è a guida italiana. Si tratta del progetto MERCES che vede coinvolti 16 paesi europei con un ruolo di primo piano del WWF Italia. Questo progetto in corso in Italia, Spagna, Francia, Olanda, Gran Bretagna e altri paesi europei ha avviato il restauro di habitat marini danneggiati, come le foreste di macroalghe, i giardini di gorgonie, le praterie sottomarine, i banchi di spugne e coralli, ma anche le azioni di ripopolamento della Pinna nobilis (gli enormi bivalvi del Mediterraneo), di stelle e cavallucci marini. Il restauro degli ecosistemi marini è ancora agli inizi e si stanno sviluppando nuovi protocolli e approcci per ogni tipo di habitat. L’Italia è ai primissimi posti con Spagna e Francia in questa corsa al restauro ambientale.