Alessandro Sandrini, l’italiano rapito al confine tra Siria e Turchia nel 2016, è stato liberato dal ‘governo di salvezza’, gruppo antigovernativo della zona di Idlib. Lo hanno annunciato le stesse forze pubblicando le foto dell’italiano sui social e affermando che il bresciano era nelle mani di una banda criminale. La conferma della liberazione è arrivata di lì a poco da parte del padre di Sandrini. «Confermo, mio figlio è libero si trova ancora in Siria ma nelle mani dei nostri carabinieri», ha detto il genitore del ragazzo scomparso durante un viaggio in Turchia ormai tre anni fa. «Sono felicissimo», ha aggiunto Gianfranco Sandrini, «è la fine di un incubo adesso sto andando a Roma, spero di potergli parlare al telefono stanotte».
IL DRAMMATICO VIDEO A CONFERMA DEL RAPIMENTO
Del rapimento di Sandrini si apprese solo un anno dopo la scomparsa, nel dicembre 2017. Il bresciano era in viaggio in Turchia. Poi, dopo quattro telefonate alla madre avvenute nel corso di diversi mesi, nel luglio 2018, il drammatico video nel quale il 32enne appariva con indosso una tuta arancione sotto la minaccia di due uomini armati di Ak-47. «Chiedo all’Italia di aiutarmi, di chiudere questa situazione in tempi rapidi. Due anni che sono in carcere, non ce la faccio più. Mi hanno detto che sono stufi, che mi uccideranno se la cosa non si risolve in tempi brevi. Non vedo futuro, non so cosa pensare», diceva tra l’altro. Sandrini manca da casa dal 3 ottobre 2016, quando salì su un volo che da Orio al Serio, via Istanbul, lo portò ad Adana, cittadina turca a 180 chilometri da Aleppo. «Vado per una vacanza», aveva detto alla famiglia.
I PM DELLA PROCURA DI ROMA PRONTI A INTERROGARLO
Sandrini verrà ascoltato dai pm della procura di Roma. L’atto istruttorio avverrà dopo il rientro in Italia del nostro connazionale. Sulla vicenda la procura capitolina aveva aperto un fascicolo per sequestro di persona con finalità di terrorismo. Su di lui pende un’ordinanza di custodia cautelare per rapina. Il bresciano è accusato di un paio di azioni messe a termine con un complice in provincia di Brescia. Era stato disposto il carcere, ma la misura ora dovrebbe essere quella degli arresti domiciliari.