Vittore Carpaccio, Storie di Sant’Orsola. Gallerie dell’Accademia, Venezia
Dal prossimo 8 giugno sarà nuovamente possibile seguire passo dopo passo le vicissitudini della santa quasi come in un film, attraverso dipinti ispirati al racconto della Leggenda Aurea.
Realizzato con il contributo di Save Venice, l’intervento ha rimediato allo stato conservativo disomogeneo in cui versavano i diversi teleri, tale da ostacolarne la lettura come un insieme unitario: una conseguenza dei numerosi restauri condotti ora su una, ora sull’altra tela, già da quando l’autore del ciclo era ancora in vita. Dopo profonde indagini diagnostiche, sono stati rimossi i residui di vernici alterate e i segni di interventi posticci accumulatisi nel corso del tempo, fino a restituire alla superba narrazione per immagini di Carpaccio l’aspetto che doveva avere all’epoca dell’esecuzione, tra il 1490 e il 1495.
Legata a doppio filo con la storia della Serenissima, l’opera fu commissionata al maestro veneziano dalla confraternita devozionale di Sant’Orsola, che contava tra i suoi membri famiglie patrizie come i Loredan, noti per le imprese compiute contro i turchi. Non a caso le loro insegne campeggiano nel telero del Martirio di Orsola, mentre negli episodi dell’Arrivo degli Ambasciatori e dell’Incontro dei fidanzati si riconoscono giovani con gli emblemi della Compagnia della Calza, a sua volta associata alla commissione.
Il ciclo andò a decorare la Scuola di Sant’Orsola, che aveva sede nei pressi della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Raggiunse le Gallerie dell’Accademia solo nel 1895, in seguito alle leggi di soppressione degli ordini monastici.
Grande è l’abilità mostrata da Carpaccio nel raccontare la storia della principessa cristiana, promessa in sposa al re pagano Ereo, a condizione che si convertisse e accompagnasse la fanciulla in un pellegrinaggio a Roma. Ma il viaggio si rivelò più avventuroso del previsto: mentre faceva ritorno in Bretagna, Orsola avrebbe trovato una tragica morte nella città di Colonia, conquistata dagli Unni di Attila.
Carpaccio riuscì a rappresentare la storia senza indulgere in un pathos eccessivo e tuttavia selezionando i momenti più spettacolari. Ampie panoramiche, scorci profondi, luce e colore magistralmente dosati conferiscono ai dipinti un’aura teatrale, mettendo il giovane artista in grado di competere con un maestro come Giovanni Bellini.
All’interno di suggestive scene corali, dettagli curatissimi consentono di riconoscere personaggi realmente esistiti, a partire dagli stessi Loredan, e di osservare architetture, costumi, particolari delle cerimonie e della vita quotidiana dell’epoca, restituita con grande freschezza. Il risultato è un capolavoro di pittura rinascimentale, destinato ad avere grande influenza nell’ambiente artistico lagunare.
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