La Lega raddoppia e il Movimento Cinque Stelle si dimezza. E gran parte di questo risultato passa dalle regioni del Sud Italia, che alle ultime politiche avevano incoronato i grillini con percentuali bulgare. E invece, stavolta, nelle urne meridionali per le europee, il Carroccio ha quasi quadruplicato il risultato del 2018 (dal 6,2 al 23,5%) mentre i pentastellati sono crollati dal 43,4 al 29%, pur rimanendo primo partito. Con distanze risicatissime, soprattutto in una regione come la Puglia (1% di differenza), che ha accusato il colpo del dietrofront grillino sull’Ilva. Il capo politico grillino Luigi Di Maio ha spiegato subito: «Scontiamo l’astensione al Sud». In effetti in quasi nessuna delle regioni roccaforti dei 5S è stato raggiunto il 50% di affluenza. E la sovrapposizione tra elezioni amministrative ed europee ha favorito più la Lega che i grillini, visto che si è votato per i sindaci nel 60% dei comuni settentrionali contro il 25% dei comuni del Sud. E le comunali, si sa, mobilitano molto più della scelta degli eurodeputati di Strasburgo.
«Arturo Parisi molti anni fa introdusse la nozione di “astensionismo aggiuntivo”, quello che si verifica in occasione di alcune particolari elezioni», spiega a Linkiesta il politologo Piero Ignazi. «Le europee sono più lontane rispetto al cittadino e al Sud hanno favorito questo tipo di astensionismo: non ci sono molte preferenze da dare, non ci sono candidati che possono attivare voti personali. C’è la stessa lista per tante regioni, e questo è uno scarso veicolo di mobilitazione».
Le comunali, ma anche le politiche, sono occasioni che attivano più delle europee i voti di preferenza. Soprattutto al Sud, storicamente caratterizzato da nomi politici che sono invece grandi collettori di voti. Se a questo poi si aggiunge che nel meridione i territori in cui si andava alle urne per le amministrative erano quasi un terzo rispetto al Nord, ecco spiegato in parte l’astensionismo meridionale di questa tornata elettorale.
Ma l’astensione da sola non può spiegare il boom della Lega e il crollo dei Cinque Stelle, proprio in quelle regioni in cui poco più di un anno fa avevano trionfato. Come ha detto a Linkiesta la senatrice 5S Elena Fattori, «se qualcuno avesse voluto votare i Cinque Stelle, sarebbe andato a votarci; se qualcuno si è astenuto è sinonimo di disaffezione». I temi “classici” cavalcati dalla Lega di Salvini hanno fatto più presa sull’elettorato meridionale. Il Carroccio risulta il primo partito non solo in luoghi come Riace, Rosarno o Lampedusa, ma pure nei piccoli paesi del Sud che non ospitano neanche un immigrato. «Anche al Sud i temi dell’immigrazione e della sicurezza sono stati centrali», spiega Ignazi. «Il riferimento al tema dell’immigrazione mobilita gli elettori. E l’esperienza personale non è decisiva. L’ostilità allo straniero è anche di tipo fantasmatico».
A questo si deve aggiungere poi il travaso di elettori di altri partiti verso la Lega, come Ignazi aveva già previsto qualche mese fa: «L’erosione di Forza Italia, che al Sud raccoglieva molti voti, ha portato tanti elettori a spostarsi verso la Lega. Nello stesso tempo la Lega al Sud ha raccolto pure i voti degli elettori di destra dei Cinque Stelle, delusi dalla prova di governo e non in linea con quell’anima più “a sinistra” del Movimento che è emersa soprattutto negli ultimi giorni di campagna elettorale».
L’analisi dei flussi elettorali di Swg lo conferma: i Cinque Stelle non cedono voti solo al “partito dell’astensione” (38%) ma anche alla Lega (14%), meno al Pd (4%). Mentre per quanto riguarda i voti del Carroccio, il 17% proviene proprio da ex elettori pentastellati e il 10% da Forza Italia. E, come spiega l’Istituto Cattaneo, «soprattutto al Sud il bacino attuale della Lega ha tratto dal M5S una notevole linfa».
Tanto che lo stesso Matteo Salvini risulta al primo posto per numero di preferenze, ad esempio, in una regione come la Calabria. «Non ci sono motivazioni socio-economiche specifiche», precisa Ignazi. «Siamo davanti all’ennesima fascinazione mediatica del personaggio politico, come è accaduto già per Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Domani ce ne sarà un altro. È un fenomeno di fascinazione nel pubblico che si verifica molte volte e che spesso non dura molto. Tranne per Berlusconi, certo, che però aveva molti mezzi per farlo durare».
Ma l’Istituto Cattaneo fa notare un altro dato: la crescita più consistente per il Pd si osserva al Sud – guadagnando quasi 25mila voti (+4,4 punti) – e nelle isole dove, nonostante la generale contrazione dei voti in termini assoluti, il partito di Nicola Zingaretti è avanzato di 6,4 punti percentuali. Il confronto con le elezioni europee del 2014, spiegano, mette in luce il margine di espansione potenziale per il principale partito del centrosinistra, proprio nelle regioni del Sud: «È in quest’area del Paese che probabilmente si concentrerà la sfida politica ed elettorale tra il partito di Zingaretti e il M5s». Se il Movimento Cinque Stelle è al Sud che ha il suo maggiore radicamento, ma fatica a convincere i suoi elettori a tornare a votare, è qui che sia il Partito democratico sia la Lega possono crescere. E il Carroccio sembra averlo già capito.
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/05/28/elezioni-europee-sud-italia-lega-cinque-stelle-m5s/42319/