Luigi Di Maio è stato confermato capo politico del M5S dal voto online sulla piattaforma Rousseau. Tuttavia il dissenso interno è solo momentaneamente sopito. Tanto che lo stesso alleato Matteo Salvini ha detto: «Spero Di Maio abbia ancora il controllo della maggioranza alla Camera e al Senato per approvare delle leggi, si vedrà nelle prossime settimane». A preoccupare è soprattutto Palazzo Madama, dove la maggioranza gialloverde ha un margine di solo 4 voti. Tra i senatori apertamente ribelli o semplicemente non in toto allineati alla linea dirigente del M5S ci sono Alfonso Ciampolillo, Primo Di Nicola, Elena Fattori, Virginia La Mura, Matteo Mantero, Nicola Morra, Paola Nugnes e Gianluigi Paragone.
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I critici
Elena Fattori ha criticato apertamente Luigi Di Maio. Dopo il risultato delle europee e prima della assemblea dei gruppi parlamentari del 29 maggio ha detto: «Il voto è stato un grande disastro si cui si deve assumere tutta la responsabilità Di Maio. In assemblea chiederò le sue dimissioni dai due ministeri». Se possibile ancora più dura Paola Nugnes, che sempre il 29 maggio scriveva su Facebook: «Se Rousseau serve solo a ratificare e a controllare il consenso… questa scelta è la tomba di ogni tentativo di revisione. Ritengo di aver già dato troppo a “questo” M5S».
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I non allineati al Senato
Ci sono poi quei senatori che in passato hanno votato non allineandosi alle indicazioni del gruppo. Tra questi c’è Alfonso Campolillo, che secondo i dati di OpenParlamento ha tra i 5 stelle il record dei voti “ribelli” (57). Già richiamato dal collegio dei probiviri, il senatore era tra quelli che non hanno preso parte al voto sul decreto Genova, criticando il condono su Ischia. Virginia La Mura, invece, è uscita dall’aula durante la votazione sul decreto sicurezza, cavallo di battaglia dell’alleato leghista: «Crea repressione e maggiori rischi sociali», ha detto. Matteo Mantero ha al suo attivo 54 voti ribelli (era tra quelli che non hanno votato il testo sulla Legittima difesa). Inoltre è firmatario di una proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis che ha mandato su tutte le furie Matteo Salvini.
I dubbi e i distinguo
Nicola Morra, presidente dell’Antimafia, insieme alla deputata Carla Ruocco, è considerato tra i più vicini a Beppe Grillo. Ruocco aveva invitato Di Maio a dimettersi, ma poi lo stesso Grillo aveva rinnovato la sua fiducia al vicepremier. Morra poi si era espresso a favore dello streaming dell’assemblea dei gruppi parlamentari del 29 maggio, inoltre aveva chiesto di ritrovare «collegialità» nelle decisioni del movimento. Il vicepresidente del gruppo del Senato Primo Di Nicola, dopo la sconfitta alle europee, si era dimesso dal suo incarico «per favorire una discussione autenticamente democratica». Ma poi in nella assemblea dei gruppi aveva ribadito la «fiducia in Di Maio». Anche Gianluigi Paragone, considerato vicino ad Alessandro Di Battista, aveva espresso dubbi sul fatto che Di Maio avesse in capo due ministeri, ma poi aveva detto: «Le mie parole sono state fraintese».
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