L’intesa ritrovata tra Salvini e Di Maio almeno su un punto non s’era mai incrinata: promuovere Giancarlo Giorgetti a commissario europeo e sollevarlo dall’onere di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. E del resto «chi meglio di lui, mediatore naturale, può negoziare con l’Unione su politiche economiche e margini di manovra», ti spiegano gli amici dei due vicepremier, riportando il pensiero collettivo di quel corpo bicefalo che è il pentaleghismo di lotta e di governo. Tutto normale si direbbe, chi meglio di Giorgetti infatti può smussare angoli e limare spigoli in Europa, e tuttavia quello che non si dice, almeno pubblicamente, è l’altro motivo per cui Di Maio e Salvini vogliono mettere in mano le valigie a Giorgetti e imbarcarlo sul primo aereo per Bruxelles.
Mandando Giorgetti in Europa Salvini, Di Maio e il premier Conte – che non ha dimenticato le rasoiate del mediatore – si libererebbero senza colpo ferire di quello che alcuni leghisti d’obbedienza salviniana chiamano ormai «la suocera del Governo», un fastidioso brontolone che in questi mesi non ha fatto altro che dire che «coi Cinquestelle non si può governare perché son fuori di testa», che appunto «Conte non è un premier di garanzia super partes», che «ad autunno pioveranno grandine e uranio e non servirà l’ombrello», e che «Salvini dovrebbe ricordarsi la fine che fece Renzi» per la paura di andare al voto dopo quelle ormai lontane elezioni europee che regalarono all’ex premier il 40,8%.
Ecco, di questa continua meditatio mortis, di questo ossessivo richiamo alla realtà, di questa pedagogia del buon senso e del buon governo giorgettiana i maggiorenti del governo giallo-verde ne hanno abbastanza. Soprattutto ne ha abbastanza Salvini che con Giorgetti – GG, per gli amici – ha ormai il rapporto che aveva Pinocchio col grillo parlante: gli vuol bene, per carità, sa che ha ragione su quasi tutto e che in fondo è uno leale, ma detto tutto questo preferirebbe volergli bene da lontano. Lontano da Roma e da via Bellerio.
Perché poi al di là dell’amicizia c’è la politica e c’è il fatto che a Giorgetti risponde un pezzo di partito del Nord, che ancora fa il tifo per la rottura con Di Maio e che andrebbe a votare di corsa per liberarsi dall’innaturale alleato. E si sa che a Salvini non garba affatto chi gli fa anche un poco d’ombra nel controllo del partito, men che mai uno che ha ancora nel cuore la Lega Nord. Detto tutto questo poi ci sarebbe un piccolo particolare che in Lega e nel movimento Cinque Stelle fanno tutti finta di non conoscere, ossia che Giorgetti in Europa non ha proprio nessuna voglia di andare. Ma proprio nessuna.
Ancora ieri, per dire, dopo che nei giorni scorsi aveva ribadito che “l’Europa non è il suo mestiere”, il sottosegretario di palazzo Chigi, incalzato dai giornalisti, respingeva l’ipotesi d’una sua partenza per Bruxelles: “Io come commissario dell’Unione Europea? Non ci ho mai pensato. Non è assolutamente di attualità”. E pazienza che la sua nomina avrebbe anche la benedizione del presidente della Repubblica e il plauso di larga parte del mondo politico italiano ed europeo per la stima di cui Giorgetti gode. Lui continua a puntare i piedi, a resistere.
“Promoveatur ut moveatur” dicono i suoi amici: riassumendo in una frase il sentimento di GG in queste ore che vede l’approdo europeo come un prestigioso esilio. E del resto Giorgetti lo ha detto chiaramente allo stesso Salvini che lui in Europa a fare il commissario non vuole andarci, mettendola giù anche dura al Capitano che insisteva: “O resto al governo o se sono un problema vado a casa”.
Solo che Salvini, insieme a Di Maio, continua a insistere. Si dice che il nome italiano per la commissione ancora non c’è ma non è un caso se anche in queste ore, in merito alla composizione del risiko delle nomine europee, si continua a fare il nome di Giorgetti nel ruolo di commissario economico. «Se Giancarlo andasse in Europa – dice il ministro leghista dell’Agricoltura Centinaio – sarebbe un ottimo risultato per il nostro paese».
Si vedrà come andrà a finire questa strana partita dove c’è uno con la valigia in mano che resterebbe volentieri e un altro che mentre lo spinge alla porta gli dice quanto sarebbe bello che restasse. Si vedrà se a spuntarla saranno Salvini, Conte, Di Maio o Giorgetti. Poi nel caso GG dovesse prenderlo quell’aereo per Bruxelles ci sarà il problema di chi lo sostituirà a Palazzo Chigi, ma come si dice: “ad ogni giorno la sua pena”.
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