Pubblicato il: 14/06/2019 12:50
Nel Mediterraneo decine di migliaia di tartarughe marine della specie Caretta caretta, muoiono ancora ogni anno. Le stime parlano di circa 50mila esemplari di tartarughe marine catturate accidentalmente nei mari italiani e di queste circa 10mila non sopravvivono. La soluzione? Sistemi di pesca selettivi come ami circolari, dissuasori luminosi o reti speciali che, grazie al coinvolgimento dei pescatori, hanno dimostrato di poter ridurre le catture accidentali tra il 20 al 100%.
Sono i primi dati, anticipati dal progetto europeo TartaLife Life+, in occasione della Giornata Mondiale delle tartarughe Marine del 16 giugno, frutto di cinque anni di ricerca e di pratiche per ridurre la mortalità delle tartarughe marine durante le attività di pesca professionale. “Il coinvolgimento dei pescatori professionisti che hanno adottato le procedure che TartaLife è stato fondamentale – spiega Alessandro Lucchetti del Cnr-Irbim – I pescatori ora sanno che cosa fare e come aumentare le probabilità di sopravvivenza delle tartarughe catturate accidentalmente o addirittura non catturarle affatto”.
La mortalità diretta della specie si registrava più elevata nel caso dei palangari e delle reti da posta, “per questo – continua Lucchetti – abbiamo introdotto l’uso di attrezzi a più basso impatto che hanno portato a risultati davvero confortanti. Dopo 5 anni possiamo dire di aver pescatori più consapevoli, responsabili e collaborativi e questo è senza dubbio il risultato più confortante, anche se tanto resta da fare e tanto continueremo a fare”.
Tra gli attrezzi ‘salvatartarughe’ introdotti dal progetto TartaLife, ci sono ami circolari in sostituzione di quelli a J che vengono usati nella pesca al pescespada. L’utilizzo di questi ami ha portato a due risultati rilevanti: dal 20 al 30% in meno di catture accidentali di tartarughe e, nel caso in cui la tartaruga rimanga allamata, l’amo circolare rimane superficiale, non genera lesioni gravi e può essere rimosso più facilmente rispetto agli ami tradizionali.
Un altro sistema introdotto nelle marinerie è il Ted (Turtle exluder device), un dispositivo che si applica alle reti a strascico e rappresenta una vera e propria uscita di sicurezza per le tartarughe marine. La diffusione dei Ted ha consentito di ridurre del 100% le catture accidentali. E ancora, dissuasori luminosi a led che vengono applicati alle reti da posta normalmente utilizzate nella pesca artigianale. Nelle marinerie in cui sono stati utilizzati non ci sono state catture accidentali.
Infine in alternativa alle reti da posta sono state utilizzate delle nasse collassabili, molto efficaci in alcuni tipi di pesca. Elemento chiave del successo di tutti i dispositivi è il mantenimento della stessa quantità e qualità del pescato con la riduzione o l’azzeramento catture accidentali. Risultato davvero confortanti se pensiamo che le reti da posta utilizzate dalla piccola pesca costiera e delle reti a strascico erano responsabili di oltre 20mila episodi di cattura ciascuno all’anno e dei palangari che, con oltre 8.000 catture anno rappresentano uno degli attrezzi da pesca più impattanti.
Potenziati anche i centri di raccolta dedicati alle tartarughe marine nel nostro Paese. Grazie al progetto europeo TartaLife, sono complessivamente 18 le strutture che a vario titolo fanno parte della rete, dai nuovi presidi di primo soccorso ai punti di raccolta e monitoraggio. In cinque anni, cioè dall’inizio del progetto nel 2014, sono state recuperate oltre 1500 tartarughe: curate e rimesse in libertà dopo aver subito traumi o incidenti di vario tipo, come ami, ingestione di plastica che può provocare blocchi intestinali, soffocamento e problemi di galleggiamento, imbrigliamento in corpi estranei che ostacolano il movimento come reti abbandonate, lenze, sacchi di plastica, etc., traumi da collisioni con imbarcazioni.
Il progetto TartaLife è finanziato dalla Commissione Europea attraverso il programma Life ed è cofinanziato dal ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali – Direzione Generale Pesca e dalla Regione Marche, con lo scopo di tutelare le tartarughe marine. Il progetto è promosso nelle 15 regioni italiane che si affacciano sul mare; il capofila del progetto è il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) – Istituto di Scienze del Mare di Ancona che coordina le azioni degli altri 6 partner coinvolti, oltre al Consorzio Unimar (Provincia di Agrigento, Ente Parco Nazionale dell’Asinara, Fondazione Cetacea, Area Marina Protetta Isole Egadi, Legambiente, Area Marina Protetta Isole Pelagie).
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