”Sono un po’ presuntuoso, ma giovanilmente impaziente”. La voce si e’ fatta un po’ roca con l’eta’, ma gli occhi, quando parla dei suoi progetti, delle sue grandiose Aida, dei bozzetti da pittore (”avevo una bellissima mano”), delle regie che hanno segnato la storia del cinema e del teatro o della Fondazione dove a Firenze raccogliera’ ”il tanto di una carriera cosi’ piena”, si fanno d’un colpo azzurri e brillanti, come fosse ancora il giorno del suo primo debutto con la ‘Cenerentola’ alla Scala. Franco Zeffirelli il 12 febbraio festeggera’ 90 primavere, nella bellissima villa sull’Appia dove ha accolto in esclusiva l’ANSA per un racconto a cuore aperto, circondato dalla scenografia di una vita, tra marmi, tromp l’oeil e una galleria di foto di amici di sempre, che, almeno sul suo pianoforte, continuano a essere qui, da Maria Callas a Nureyev, Madre Teresa, Pavarotti, Liz Taylor.
”Novant’anni li aspettiamo tutti con speranza”, dice sotto lo sguardo vigile dei due figli adottivi, Pippo e Luciano, e coccolando per tutto il tempo una dei sei cagnolini accolti in casa. ”Se m’avessero detto, non dico cinquanta, ma vent’anni fa che sarei arrivato a 90 avrei risposto: ‘speriamo’ – prosegue -. Ci sono arrivato con il fluire del tempo che mi porta ancora cose molto belle. Percio’ mi spiacera’ festeggiare i 90 e andarmene. Ho progetti che mi terrebbero occupato fino al secolo”. L’ultimo, il Don Giovanni messo in scena all’Arena di Verona, ”fantastico, come nessuno prima di me ha fatto”, sottolinea. Poi, con una strizzatina d’occhi, si prende in giro. ”Modesto, eh?”. Ma ne ha ben ragione, perche’ in tutta la sua carriera, Zeffirelli, diplomato all’Accademia di Belle Arti e cresciuto alla scuola di Visconti, Antonioni e Rossellini, ha saputo spaziare con la stessa trionfante disinvoltura da Shakespeare ai Vangeli, per tornare a Verga e Charlotte Bronte, lanciare verso l’Oscar i suoi film per ben 14 nominations e mettere in scena sei volte l’Aida. Regista di teatro, cinema, sceneggiatore, scenografo, quale sia il suo vero talento ancora non lo ha deciso. ”Diciamo che difendo quest’arma che Dio ha avuto la bonta’ di offrirmi, di essere esperto in tante situazioni”.
Poi, ripercorre i suoi titoli piu’ importanti. ”Gesu’ (di Nazareth ndr), come si fa a dire di no? – ammette -. Ricordo i dubbi quando dovevo affrontare momenti come il discorso della montagna. San Francesco, mi sembra di averlo frequentato, di aver sentito le sue spericolate affermazioni. A volte mi chiedo: come consiglierebbe che risolvessi questo problema? Per quel film (‘Fratello Sole, Sorella Luna’ ndr) volevo affidare ai Beatles la parte di quattro fraticelli, ma non ci ritrovammo con i loro impegni. ‘La capinera’ la considero invece uno dei miei film piu’ cari e sfortunati, come la protagonista: ti riempie il cuore di voglia di piangere. In ‘Romeo e Giulietta’ ero molto giovane e mi sentivo in ogni ruolo, da Mercuzio al frate. Non sembra, ma il mio cinema e’ molto autobiografico, c’e’ sempre stata una spinta personale”. Se il teatro, dice, ”ha sempre nutrito le mie speranze di cinema e fornito soluzioni”, la grande fortuna e’ stata poter avere sempre gli attori ”migliori del mondo, quasi in uno stato di grazia”. Come le dive bellissime di cui ha avuto la fortuna di diventare anche amico. ”Uno che ha conosciuto Maria Callas, gli basta quella – dice con una vena di nostalgia – La Taylor? Era una donna bellissima, esemplare nei suoi difetti. Una cosi’ la prenderesti a schiaffi e invece lei ti neutralizzava. Anna Magnani, poverina, era molto buona ma aveva la morte nel cuore sin da quando faceva la sciantosa. E poi la Mangano, Fanny Ardant, da tutte ho assorbito qualcosa”.
E c’e’ anche la Regina Elisabetta, che lo ha nominato Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico. ”Una donna molto pratica e intelligente – racconta -. Non fa sfoggio di cultura, anzi, a volte ha vuoti grossi, specialmente nelle lettere e nel teatro”. Ma basta un nome, Mel Gibson-Amleto, per vederlo accendersi. ”E’ un vero stronzo – sentenzia senza incertezze -. Faceva tutto contropelo. Un poveretto che soffriva di complessi. E’ stata un’esperienza utile, ma non la auguro a nessuno”. Ma tra gli attori di oggi, Zeffirelli chi vorrebbe dirigere? ”Purtroppo non ho piu’ la voglia di andare a letto con nessuno – risponde con una battuta -. Si’, e’ pieno di professionisti carini, ma arrivano prigionieri di un’ipotesi di talento e successo. E non c’e’ piu’ la nave che li porta o l’aereo che li fa volare. Devono andare in bicicletta. Peccato”. Prima di concludere, il senatore Zeffirelli si concede un commento anche sulla campagna elettorale. ”Noi italiani – dice – abbiamo sempre gli stessi difetti di cui non moriremo mai. E’ una vergogna che non siamo governati da un si’ o un no, come in Inghilterra e in America. Anche il mio amico Berlusconi per sopravvivere politicamente deve fare i suoi giochetti. Grillo, poi, mi e’ anche simpatico, ma prenderlo sul serio e dargli il 10% dei voti vuol dire che l’Italia non ha piu’ il cervello a posto”.