(ANSA) – LIGNANO SABBIADORO (UDINE), 22 GIU – “Ho 61 anni e per una straordinaria fortuna non ho ancora sperimentato i grandi lutti della vita, sono ancora vivi i miei genitori e le persone a me care: confrontarmi con due potenti e devastatrici esperienze del lutto è stato come vivere questo passaggio per procura”. Non fa mistero lo scrittore francese Emmanuel Carrère, premio Hemingway 2019 per la Letteratura, che alla base del suo libro “Vite che non sono la mia” (Adelphi), ci sono due fatti particolarmente dolorosi.
“Continuo a considerarlo il mio libro migliore”, ha confessato.
“Forse perché mi è sembrato di aver reso un ‘servizio’ decidendo di raccontare tanto dolore, dopo la tragedia collettiva dello tsunami del 2004 alla quale avevo assistito e dopo la tragedia personale della scomparsa di mia cognata, la sorella di mia moglie”. Sulla differenza tra realtà e fiction, ha aggiunto: “Credo nel romanzo ma la realtà è sempre una fonte preziosa di ispirazione, forse perché mi sento più bravo e sicuro con questo tipo di libri”.