“Non ho un pregiudizio sul salario minimo, il problema e’ come attuarlo: credo che sia sbagliata una forma universale, un salario minimo uguale per tutti, sapendo che nella contrattazione ci sono delle differenze”, legate alle
diverse categorie professionali. Lo dichiara Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e attuale presidente di lavoro&Welfare, oggi a margine dell’evento organizzato da Fonarcom (Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua) sulla “Contrattazione collettiva di qualità'”, nel quadro del Festival del Lavoro, la tre giorni arrivata alla sua decima edizione al Mico di Milano. “Tradizionalmente il tessile e’ pagato meno di un
metalmeccanico, che e’ pagato meno di un chimico, che e’ pagato meno del settore dell’energia, che e’ pagato meno di un bancario”, spiega Damiano a sostegno della sua tesi per cui un salario minimo unico e’ sbagliato, precisando che le differenze sono legate al fatto che si tratta di “settori con un diverso valore aggiunto”. In secondo luogo, continua, “noi dobbiamo correlare la fissazione di un salario minimo, per chi non ha un contratto, a quelli che sono gli standard salariali vigenti in Italia”. Citando dati Istat, Damiano indica in 11 euro all’ora, il salario minimo italiano, e quindi “9 euro sarebbe l’80 per cento”, mentre in Germania “la fissazione dello standard e’ attorno al 50%”. Da qui la necessita’ che il salario minimo “sia fissato anche in relazione alla condizione salariale esistente in ciascun paese”.
Per Damiano “la proposta del Partito democratico risponde a questa esigenza: fissare per legge e farli diventare inderogabili i salari minimi tabellari indicati dalla contrattazione maggiormente rappresentativa della categoria”.