Robot, interfacce cervello-macchina, elettrodi per la stimolazione cerebrale: le nuove neurotecnologie consentono di mettere a punto programmi di riabilitazione personalizzati che migliorano il recupero dell’uso delle braccia nei pazienti con ictus anche quando la malattia è ormai cronica, cioè in una fase così avanzata da limitare le probabilità di un recupero naturale. Lo dimostrano 64 studi clinici passati in rassegna sulla rivista Brain dai ricercatori del Centro svizzero Wyss per la bio e neuroingegneria, in collaborazione con il Politecnico federale di Losanna (Epfl), l’Università di Ginevra, la Clinique Romande de Réadaptation di Sion e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Quest’ultima ha partecipato attraverso il gruppo di Silvestro Micera, responsabile scientifico della Translational NeuroEngineering Area dell’Istituto di BioRobotica, con la quale si occupa dello studio e dello sviluppo di neurotecnologie in grado di ripristinare le funzioni sensoriali e motorie.
“I nostri risultati dimostrano che la riabilitazione degli arti superiori assistita dalle neurotecnologie può essere molto promettente per i pazienti cronici gravi”, commenta Martina Coscia del centro Wyss, prima autrice dello studio. “Abbiamo anche scoperto che l’approccio standardizzato e uguale per tutti non porta ai migliori risultati possibili. Per questo suggeriamo di andare verso una combinazione personalizzata di terapie riabilitative basate sulle neurotecnologie, possibilmente a casa del paziente dove una terapia prolungata nel tempo è più fattibile che in ospedale. Crediamo che introducendo le terapie una dopo l’altra, in base ai progressi del paziente, sia possibile aiutarlo a progredire nel suo recupero andando oltre rispetto a quanto possibile oggi”.
Per quantificare i benefici di questo approccio hi-tech sinergico, i ricercatori stanno già lanciando una nuova sperimentazione clinica che inizierà in Svizzera questa estate.