Come al solito, hanno vinto tutti. Anzi, non ha vinto nessuno. Anzi ancora: non si capisce nulla. Il povero normale cittadino, già perplesso di fronte alla confusione intorno alle nomine fatte per i vertici europei, resterà ancora più confuso dopo la lettura dei giornali italiani.
Se per esempio sceglierà di leggere Repubblica, scoprirà che “la vera trionfatrice dell’operazione è Angela Merkel”. Bene, penserà. La Cancelliera si è trovata “costretta a sostenere uno Spitzenkandidat tedesco, ma non del suo partito”, cioè Manfred Weber. E allora che cosa ha fatto? “Lo ha fatto bocciare da Macron”. A quel punto ha fatto lo stesso con Timmermans, “appoggiandolo ma lasciando che venisse bocciato da polacchi, ungheresi e italiani”. Non solo: “Lei stessa si è fatta offrire due volte le poltrone del Consiglio e della Commissione, rifiutandole con gesto nobile”. Infine, “è riuscita a imporre la sua protetta Von der Leyen a capo della Commissione e la sua amica Christine Lagarde alla Bce”. E “si è addirittura tolta lo sfizio sublime di astenersi sul nome della sua pupilla tedesca per non spiacere al partito di Weber”.
Tutto chiaro, insomma. Ma se lo stesso malcapitato lettore dovesse aprire anche La Stampa (ormai del medesimo gruppo editoriale) scoprirebbe che “l’esito della maratona negoziale al Summit di Bruxelles non deve trarre in inganno: Pur piazzando una sua connazionale al vertice dell’esecutivo Ue, Merkel esce sconfitta e indebolita”. Ma come: e il gesto nobile? E lo sfizio sublime? La Stampa la vede in modo un filo diverso: “A Berlino sta per esplodere una rivolta nella maggioranza che rischia di travolgere il governo, tanto che la Cancelliera è stata l’unica ad astenersi sul pacchetto di nomine”. Non solo: la scelta di appoggiare Von der Leyen “mette a rischio la Grosse Koalition” e proviene da “un’altra grossa spaccatura”, quella dovuta al sostegno concesso a Timmermans, linea sconfessata “dalla sua famiglia politica”. E allora, chi sarebbe il vero vincitore? Che domande: “il collega francese”, che “se la ride e può tornare a casa contento. È lui il vero vincitore di questa partita”. Perché “Ha seppellito un metodo che ha sempre criticato. Ha umiliato il suo nemico Weber. Ha sbloccato lo stallo con una sua proposta. Ha messo una francese alla presidenza della BCE. Ha piazzato un liberale amico al Consiglio. E con l’indebolimento di Merkel può continuare la sua marcia verso la leadership europea”.
(Posizione che, va detto, è nei fatti condivisa da Linkiesta, in buona compagnia dell’Economist).
Di fronte a due letture così diverse, meglio consultare un terzo parere. Il Corriere della Sera spiega che “Angela Merkel è uscita vittoriosa dal summit”, quindi in linea con Repubblica. Ma, aggiunge poi, “ancora più soddisfatto si è mostrato il presidente francese Emmanuel Macron”, come ricorda la Stampa. Un po’ qua e un po’ là, puro stile Corriere. Mentre il povero Giuseppe Conte ha “moderatamente e pragmaticamente apprezzato l’esito del negoziato”. E cosa altro poteva fare?
In un altro articolo, Federico Fubini, dà un quadro più approfondito della situazione. Merkel avrebbe pianificato tutto, lasciando morire il pacchetto di Osaka e tirando fuori al momento giusto “l’asso nella manica”, addirittura “con un’idea che le sarebbe venuta proprio all’ultimo per sbloccare l’impasse, sostiene”. Ma non lo aveva proposto Macron? Subito spiegato: al momento della votazione, Merkel “sceglie di salvare le apparenze con una foglia di fico”, per non fare infuriare gli alleati della coalizione (cioè non il partito di Weber, ma stavolta i socialisti) e si astiene sul voto, lasciando “che a candidarla sia formalmente Macron”.
Per il Sole 24 Ore, del resto, non ci sono né vincitori né vinti, perché “ha prevalso la linea di Emmanuel Macron” ma “Angela Merkel è stata al gioco” e, alla luce di quanto è successo, “la nomination del socialista olandese Timmermans si è rivelata una mossa tattica raffinata per piazzare Urusula Von der Leyen”. E per Avvenire “il presidente e la cancelliera sono emersi i grandi vincitori”.
Più o meno il quadro è chiaro: Francia e Germania vincono, elaborano un piano finto, tutti ci cascano, l’Italia resta al palo. Eh no, dice la psichedelica Verità di Maurizio Belpietro, che alla stessa narrazione fornisce una interpretazione ben diversa: “L’Italia ha avuto un ruolo”, e anche importante: “Ha consentito di affondare la soluzione che Francia e Germania avevano apparecchiato e che si preparavano a far digerire al resto dei Paesi membri”, cioè il pacchetto Timmermans. Altro che tattica, altro che strategia. Abbiamo rotto loro le uova nel paniere.
Bocciare Timmermans, che per Repubblica e Corriere costituisce una scelta suicida e ridicola del governo italiano, per La Verità è una di presa di posizione nicciana. Nobile, perfino eroica. Poi, certo, ammette, “non sappiamo se Urusula Von der Leyen sarà migliore di Frans Timmermans e Christine Lagarde meglio di Jens Weidmann, il falco della Bundesbank che Angela Merkel voleva alla guida della Bce, ma certo queste non erano le prime scelte di Francia e Germania”. E a qualcuno può anche bastare così.
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