È però meno normale che questo cambio di prospettiva, queste valutazioni personali di opportunità e stile, questa occupazione disinvolta delle istituzioni senza rendere conto a nessuno (nemmeno al Parlamento, secondo ultime dichiarazioni) avvenga in una sostanziale indifferenza/acquiescienza dell’opinione pubblica, degli alleati di governo, delle parti sociali, dei corpi dello Stato. Certo non mancano le voci critiche, i titoli forti dei giornali, qualche protesta, qualche dichiarazione pubblica e molto sotterraneo lavoro di rammendo e vigilanza da parte del Quirinale, ma il quadro d’assieme non è quello di una parte del Paese che vuole difendere legalità, spazi di democrazia, civismo, cultura della solidarietà sempre più spesso sfregiata da atteggiamenti razzisti e xenofobi tollerati quando non incoraggiati, anche per la libertà d’azione che hanno circoli di squadristi. Ed è ancora meno normale che il Paese non prenda coscienza del pericolo per la democrazia, per l’Europa, per la coscienza di tutti.
Prendete ad esempio la comunicazione fra alleati di governo. Sembra il gioco di Tom e Jerry, in cui il gatto insegue il topo, si danno randellate, si fanno dispetti, ma tutto torna come prima fino al prossimo episodio del cartoon. Pochi si prendono la briga di mettere insieme tutto e costruire una reazione forte e decisiva. I 5Stelle si guardano bene dal rompere e tantomeno dal creare condizioni d’isolamento del “capitano”. Loro, i 5 stelle, i paladini della lotta al finanziamento pubblico, i Torquemada della democrazia dal basso, i Savonarola della trasparenza, oggi sono ridotti a maggiordomi dispettosi che sputano nel piatto quando lo riportano in cucina. Così, per salvare la decenza.
Prendete la galassia della sinistra radicale, dell’area di opposizione dura e pura, dei delusi dal PD – politici, intellettuali, giornalisti, magistrati, sindacalisti – quella sempre pronta a scendere in piazza, a gridare al lupo, quella della narrazione “ci vuole ben altro” che riforme zoppe e faticosi compromessi sociali, quella che considerava un attacco alla Costituzione il referendum renziano, quella dei D’Alema e dei Grasso che denunciava il distacco del PD dalle masse popolari: dove è finita? Su quale manifesto ha firmato il proprio disgusto? In quale salotto televisivo o intellettuale si agita?
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