Ieri il figlio adolescente del ministro degli interni Angelino Alfano, in vacanza al Papeete Beach di Milano Marittima, è salito su una moto d’acqua della polizia per provare l’ebrezza della velocità. Mentre accadeva tutto questo, due persone che si sono qualificate come agenti di polizia, hanno minacciato un videomaker di Repubblica di non filmare la scena, cercando di strappargli la telecamera dalle mani. Il tutto, a poche ore dalla denuncia del capo della polizia Franco Gabrielli, secondo cui mancano in organico almeno 18mila poliziotti. Sempre ieri, il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda è stato paparazzato a scambiarsi effusioni con la compagna a Baja Sardinia, in Costa Smeralda, dove si sta dilettando a visitare boutique di lusso e discoteche esclusive, nonostante al ministero dello sviluppo economico, ci siano 150 tavoli di crisi aperti, con 300mila lavoratori che in ferie non ci sono andati, perché rischiano di rimanere a casa tra pochi mesi.
Non ce ne vogliano, Alfano e Calenda – che non hanno mai approfittato di mezzi dello Stato e che non abbiamo mai visto ostentare le proprie vacanze extralusso – se abbiamo sostituito i loro nomi con quelli di Salvini e Di Maio. Se l’abbiamo fatto è per misurare il livello di indignazione medio dell’elettore italiano, crollato sotto zero dopo che al governo sono andati proprio i dioscuri dell’indignazione permanente. Gli uomini del popolo, come Salvini, che oggi si concedono il lusso di usare a piacimento i mezzi della polizia per il loro divertimento estivo. I pauperisti francescani, come Di Maio, che oggi si divertono tra i vip e i super-ricchi del Paese, in mezzo a quelle élite cui dedicavano tutti i loro vaffanculo. Con un Pil che “cresce” dello 0,1%, produzione industriale al palo, crisi dei consumi e una manovra da 30 miliardi all’orizzonte ci aspetteremmo un minimo di riprovazione popolare per l’atteggiamento da Re Sole dei due miracolati, che senza alcun titolo di merito e alcuna esperienza pregressa, governano uno dei Paesi del G7. Niente, zero. Ai due signorini è concesso di tutto.
È proprio così? O forse – eccoci al punto – siamo in presenza di un uso molto sapiente delle tecniche di comunicazione, che castrano sui social network ogni ondata virale di polemica, tanto quanto solo due, tre anni fa erano abilissimi a cavalcarla. Che non costruiscono sulle vacanze pazze di Maio prime pagine indignate del Fatto Quotidiano o sull’uso privato e ludico dei mezzi della polizia l’intero palinsesto televisivo dei talk show di Retequattro. Se non c’è amplificazione, non c’è indignazione. E se non c’è indignazione, non c’è notizia. E se non c’è notizia, meglio dedicarsi a Temptation Island.
Questo, a casa nostra, si chiama potere, nella sua forma più aberrante: quella di chi si sente al di sopra di tutto e di tutti, e che dopo aver fustigato le élite del Paese per il medesimo motivo, si ritrova a scimmiottarle come una banda di arricchiti di Paese che hanno trovato per terra il biglietto vincente della lotteria. E fa sorridere, di nuovo, che i nostri due eroi ancora riescano a definirsi come quelli che combattono i poteri forti, e che ne sono addirittura vittime, quando devono giustificare qualche promessa inevasa.
E hai voglia a dire che non è da questi particolari che si giudica un giocatore, che è l’azione di governo e non la moto d’acqua che ci deve interessare. Per l’appunto: Salvini non dovrebbe essere al Viminale per seguire il caso di un carabiniere morto ammazzato, o a cercare risorse per assumere i poliziotti che mancano in organico, visto quanto gli preme la questione sicurezza? E Di Maio non dovrebbe essere al tavolo con imprese e sindacati, a difesa strenua di ciascuno di quei 30mila posti di lavoro? La politica non conosce vacanze, dovrebbero saperlo bene i nostri due eroi, visto che l’hanno gridato nelle ultime cinque estati. E dovrebbero saperlo pure i loro elettori. Anche loro in vacanza, evidentemente.
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