Comunicato Stampa:
“Una sera a Piazza Navona mi accorsi, in questo grande
spazio, che il vuoto era più importante del pieno
e che le ombre, oltre a essere più affascinanti e presenti
con il buio della sera e l’illuminazione artificiale,
avevano un’importanza notevole,
esse ci appartengono come i nostri corpi,
come i nostri spazi…”
Giuseppe Uncini, 1998
Fondazione Marconi ha il piacere di presentare la mostra Giuseppe Uncini. La conquista dell’ombra dedicata al lavoro dell’artista marchigiano tra il 1968 e il 1977. Questo progetto espositivo in collaborazione con l’Archivio Uncini, a distanza di quattro anni dalla mostra del 2015 incentrata sul disegno, mira oggi a documentare l’evoluzione della lunga e approfondita indagine dell’artista sul tema delle ombre.
Punto di partenza è la mostra, intitolata appunto “Ombre”, che ha luogo nel 1976 allo Studio Marconi e per la quale l’artista realizza Grande parete Studio Marconi MT 6, espressamente progettata per la galleria milanese. Quest’opera rientra nel periodo in cui Uncini decide di spostare la sua attenzione dalla “costruzione di oggetti” alla “costruzione dell’ombra”, dalla forma reale dell’oggetto costruito, alla sua forma virtuale. In questa nuova ottica egli trasforma ciò che è da sempre percepito come ambiguo e labile in un elemento sostanziale dell’opera, qualcosa di stabile, visibilmente e tattilmente concreto. Luce e ombra vengono così poste allo stesso livello di valore e considerate “materie” alla stessa stregua, permettendo una nuova e inedita lettura dell’opera. Questa scoperta, motivo dominante della sua ricerca fino agli anni Ottanta, lo porta anche a riflettere sulle antinomie luce-ombra, pieno-vuoto, presenzaassenza. È dunque lo spazio a farsi materia dell’atto costruttivo dell’artista e non esiste più distinzione tra il fare pittura e il fare scultura.
“Fino ad allora avevo pensato di essere e di voler fare il pittore. Poi questa convinzione a poco a poco mi cadde sotto le mani. In seguito sono diventato, mi dicono, scultore. Io ancora non ci credo e mi sento tra la scultura e la pittura e mi va benissimo, non c’è problema in questo.” (G. Uncini, 1998)
Per la sua maestosità, la Grande parete rappresenta un momento apicale della ricerca di Uncini e segna la sua definitiva conquista di quella “fuggevole essenza” che fa ormai parte integrante dell’opera stessa.
“L’ombra, questa fuggevole essenza, questa negatività del segno, che troppo spesso viene ignorata o passata sotto silenzio, che quasi sempre vale solo come fattore passivo, di assenza, tutt’al più di completamento dell’indagine – doveva invece costituire, a un certo punto, il centro delle indagini dell’artista; non già come artificio per una resa prospettica o naturalistica, ma come ‘messa in luce’ (non solo metaforicamente) di un elemento sostanziale dell’opera.” (G. Dorfles, 1976)
La mostra presenta un nucleo di opere, comprese tra il 1968 e il 1977, con l’obiettivo di fornire un excursus completo sulla produzione creativa di Uncini in questo arco temporale. Verranno così passate in rassegna tutte le principali declinazioni di quell’assidua necessità dell’artista di indagare la dimensione virtuale della proiezione dei volumi: dalle prime Sedia con ombra e Finestra con ombra (1968), alle Colonne con ombra (1969), Ombra di un cubo sospeso (1973), Muro con ombra T.23 (1976). A questi si aggiungono alcuni significativi lavori provenienti dal fondo dell’Archivio Uncini: Mattoni con ombra n. 12 (1969), Parete interrotta (1971), Ombra di due parallelepipedi T.1 (1972), Ombra di un parallelepipedo M.29 e Ombra di tre quadrati M.30 (1975).
Accanto alla Grande parete saranno esposte la maquette originale dell’opera, realizzata in cemento e laminato di legno (1975-1976), alcune foto documentarie scattate durante l’esecuzione dell’opera e una selezione di disegni eseguiti negli stessi anni, visto che in Uncini il disegno ha rivestito, sin dagli inizi della sua attività, un ruolo di primaria importanza per la progettualità del suo lavoro.
“Nella nostra cultura, nella nostra storia, penso che il disegno sia il nostro linguaggio, il nostro modo di memorizzare le cose, di costruire. Ritengo che sia molto difficile pensare senza il disegno… Qualsiasi disegno su di un foglio è uno strumento, un linguaggio per individuare il nostro pensiero.” (G. Uncini, 1998)
Farà seguito alla mostra un volume sul tema delle ombre, a cura di Bruno Corà, e in collaborazione con l’Archivio Uncini.
Giuseppe Uncini nasce a Fabriano nel 1929. Dopo gli esordi nella sua città natale, nel 1953, si trasferisce a Roma dove entra in contatto con alcune figure dell’arte italiana e internazionale residenti nella capitale (Edgardo Mannucci, Giuseppe Capogrossi, Afro e Mirko Basaldella, Alberto Burri, Corrado Cagli). Nel 1955 partecipa alla VII Quadriennale di Roma a Palazzo delle Esposizioni e, due anni dopo, espone per la prima volta in Germania, a Francoforte sul Meno, alla collettiva “Abstrakte Italienische Kunst”. Nel 1956-57 inizia il ciclo di opere Terre, tavole realizzate con tufi, sabbia, cenere e pigmenti colorati. Ma la svolta nell’evoluzione artistica di Uncini si ha con la creazione, tra il 1957 e il 1958, dei primi Cementarmati, opere realizzate con ferro, cemento e rete metallica che lasciano intravedere la struttura portante del loro farsi, in contrasto con le superfici compatte e ruvide del cemento. Si susseguono alcune mostre che vedono riunita, ad opera dell’azione di Emilio Villa e successivamente di Pierre Restany, la cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo: Giuseppe Uncini, Tano Festa, Francesco Lo Savio, Franco Angeli e Mario Schifano. Ma la prima importante personale, con i “cementarmati” è del 1961 alla Galleria L’Attico di Roma. Nel 1963 si ufficializza la fondazione del Gruppo Uno con Giuseppe Uncini, Gastone Biggi, Nicola Carrino, Nato Frascà, Achille Pace e Pasquale Santoro che terranno una serie di esposizioni e pubblicheranno un manifesto che ne spiega la poetica. Giulio Carlo Argan fu uno dei più convinti sostenitori del Gruppo Uno che, scioltosi nel 1967, contrapponeva alla ricerca dell’informale, l’idea di un’arte legata alla teoria della percezione, suggerendo la diversa funzione dell’artista nella società. La ricerca di Uncini annovera dal 1962 al 1965 i Ferrocementi, dove il cemento, estremamente levigato, ha nel tondino di ferro il vero protagonista e la linea di continuità tra il limite esterno e le parti interne dell’opera. Segue nel 1965 il gruppo di lavori Strutturespazio, che saranno poi presenti alla XXXIII Biennale di Venezia del 1966. A partire dal 1967 e con progressivo impegno Uncini sviluppa nel 1968 il suo interesse per l’entità e la funzione dell’ombra, che a lungo lo accompagnerà nella realizzazione delle sue opere. Proprio in quell’anno Palma Bucarelli gli commissiona la Porta aperta con ombra che sarà esposta a divisione di due ambienti nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Gli incontri con la Galleria Christian Stein a Torino (personali nel 1968, 1971 e 1975) e con lo Studio Marconi a Milano (personali nel 1973,1976, 1980 e 1995) segnano tappe importanti nella carriera dell’artista. Nasce poi tra il 1969 e il 1972 la serie dei Mattoni e tra il 1972 e il 1978 la serie delle Ombre, in cui ogni struttura dialoga e si confronta con la propria ombra, anch’essa costruita e resa volume perfino autonomo. Gli anni ’80 sono segnati dalla Dimore, superfici che danno l’idea di un paesaggio architettonico: edifici, porte, finestre, soglie e la loro ombra. Nel 1984 Uncini è ancora invitato alla Biennale di Venezia con una sala personale. Nel 1990 partecipa alla rassegna “L’altra scultura” a Madrid, Barcellona e Darmstadt con il nuovo ciclo Spazi di ferro. Nel 1994, con le opere Spazicemento, Uncini inizia la collaborazione con la Galleria Fumagalli di Bergamo. Prosegue il suo lavoro con la serie dei Muri di cemento. Nel 1999 espone al PS1 di New York in “Minimalia”, nel 2001 un’importante retrospettiva sul lavoro di Uncini si tiene alla Städtische Kunsthalle di Mannheim. Nel Settembre del 2002 sono allestite due importanti personali a Milano, alla Galleria Christian Stein e alla Galleria Giò Marconi, mentre a cavallo tra il 2002 e il 2003, la Galleria Fumagalli di Bergamo, accanto ad alcuni pezzi storici, propone una serie di gioielli realizzati con la tecnica della fusione a cera persa. Dal 2004 prosegue il suo lavoro con le Architetture. Nel 2007 si allestiscono in contemporanea tre diverse personali alla Fondazione Marconi, Gallerie Christian Stein di Milano e alla Galleria Fumagalli di Bergamo. Nel 2008, in occasione della Fiera di Bologna, viene presentato al pubblico il Catalogo Ragionato dell’Opera di Giuseppe Uncini, a cura di Bruno Corà. Lo stesso anno inizia il nuovo ciclo Artifici e gli viene commissionata una importante opera per il Parco delle Sculture del Mart di Rovereto e nel contempo inizia a lavorare al progetto per la mostra antologica itinerante che si terrà tra il 2008 e il 2009 allo ZKM di Karlsruhe, al Mart di Rovereto e al Landesmuseum Johanneum di Graz. Nella notte del 31 marzo 2008, a 79 anni, Uncini si spegne improvvisamente nella sua casastudio di Trevi, in Umbria. Una serie di mostre in Italia ne celebrano l’opera con significati personali (Foligno, Lucca, Milano). Dal 18 giugno al 29 settembre 2019 la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma gli dedica una retrospettiva antologica curata da Giuseppe Appella, mentre altre sue opere figurano in rassegne presso il MART di Rovereto e la GAM di Torino.