Matteo Salvini è sempre più lanciato: la sua egemonia politica e mediatica sul Paese intero è sotto gli occhi di tutti. Il 38% di cui è accreditata la Lega nei sondaggi è impressionante, ma è un dato che ai tempi del voto fluido può rapidamente scemare o – al contrario – crescere ancor di più. Non è tuttavia un caso che questa crescita impetuosa del Carroccio coincida con il crollo di quello che è stato negli ultimi venticinque anni il partito timone del centrodestra italiano, Forza Italia. I flussi elettorali mostrano che i voti in uscita da Forza Italia, se si esclude l’astensione, hanno due direzioni prevalenti: in primo luogo la Lega, che da anni sta erodendo la base azzurra, e in seconda battuta Fratelli d’Italia.
Così, la crisi di Forza Italia degli ultimi giorni, con la rottura (definitiva?) tra Toti e Berlusconi e le polemiche di Mara Carfagna non farà che accentuare questa tendenza, svuotando ulteriormente il partito del Cavaliere e dando ulteriore forza a Matteo Salvini. La Lega, infatti, pur con un posizionamento diverso, più radicale, di destra populista, è cresciuta grazie a una composizione dell’elettorato in continuità con quello di Forza Italia: appartenente ai ceti produttivi, con una scolarizzazione medio-bassa e una certa trasversalità anagrafica (di questo ha parlato lungamente Davide Policastro in Fenomeno Salvini, Castelvecchi 2019). L’elettorato leghista, oggi, è un classico elettorato di un partito timone di centrodestra.
È difficile capire se e quando Salvini si sgonfierà. Da un lato, i leader eterni non esistono più. La fast politics nata nel nuovo millennio richiede infatti comunicazione costante e iperpresenzialismo mediatico: tutto ciò porta inevitabilmente gli elettori a stancarsi presto dei leader sovraesposti. Dall’altro lato, tuttavia, un elemento che ha fatto la fortuna elettorale della Lega di Salvini è indubbiamente l’assenza di veri competitor a destra. Con una Giorgia Meloni poco attenta a differenziarsi dalla Lega, e che pare troppo “ideologica” per conquistare un voto di massa, e il Cavaliere giunto al termine della propria carriera politica, l’elettore di centrodestra ha poche alternative al vicepremier. Fino a che l’offerta politica a destra rimarrà pressoché immutata, sarà facile per Salvini mantenere lo scettro da leader indiscusso. Ma con nuovi leader, nuove proposte, nuovi progetti la competizione aumenterà.
Al momento, il Ministro degli Interni gioca una partita tutta sua, agevolato sia dagli altri partiti di centrodestra, che non propongono leader credibili alternativi, sia da un’opposizione divisa, sia da un partner di governo, il MoVimento 5 Stelle, che ancora non si trova a suo agio di fronte alle responsabilità di governo. Non serve un mago per intuire che un’opposizione di centrosinistra più forte e unita da un lato, e un centrodestra con leader e progetti nuovi dall’altro renderebbero la vita meno facile al vicepremier.
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