Questo Gran Premio d’Ungheria è stato lo specchio fedele della prima parte del mondiale di F1. Lewis Hamilton ha risucchiato negli ultimi giri la Red Bull di Max Verstappen che gli aveva dato del filo da torcere fino a quel momento, come se fosse il semplice disegno di un fumetto, superandola in carrozza subito al primo tentativo, senza neanche fermarsi un attimo a guardare come si fa, per marchiare dal vivo tutto lo strapotere della Mercedes. In compenso, la prima delle Ferrari, quella di Vettel, ha scampato l’umiliazione del doppiaggio solo per pochi giri, arrivando a più di un minuto da Hamilton e a 41 secondi da Verstappen. Questa è la realtà delle cose. Non quella sbandierata senza motivo da alcuni giornali sportivi, che dall’inizio del mondiale hanno continuato a preannunciare, non si capisce bene su quali basi, un riscatto e la vittoria della Ferrari. Che finalmente, magari adesso potrà anche arrivare a Spa o a Monza, due piste che si adattano molto alle Rosse, ma a questo punto non avrà altro valore che quello di un premio di consolazione.
Maranello un semplice spettatore della F1
La verità è che Maranello ormai fa da semplice spettatore. Come ha confermato appunto la gara di Hungaroring, che si è chiusa perfettamente in linea con tutto quello che aveva lasciato vedere fino adesso il mondiale, e cioé che lo strapotere Mercedes può essere solo contrastato dalla Red Bull di Max Verstappen,e che la Ferrari non fa neanche da terzo incomodo. D’altro canto, lo stesso Mattia Binotto aveva appena fatto una analisi molto sincera di questa stagione deludente oltre ogni più pessimistica previsione, ammettendo fra le righe che ormai a questo punto si lavora soprattutto sulla macchina del 2020. Binotto ha poi annunciato anche che l’ex direttore tecnico dell’Alfa Romeo Simone Resta rientra a Maranello e dal primo novembre lavorerà sul progetto 2021 che incomincerà quando verrà definito il nuovo regolamento tecnico. A portare Resta alla ribalta era stato Sergio Marchionne che lo aveva nominato chef designer dal 2014. E in quel periodo c’erano stati diversi attriti con l’allora capo dei motori, Mattia Binotto: i due non facevano altro che difendere i loro uomini dalle accuse che piovevano su di loro per la mancanza di risultati (che rispetto a quelli di oggi erano persino eccezionali). E quando Binotto fu portato al vertice della direzione tecnica del Cavallino, proprio Marchionne pensò di parcheggiare Resta all’Alfa Romeo.
I progetti per la rivincita
Ora il figliol prodigo ritorna a casa, ma non sarà coinvolto nel progetto 2020 che è già partito da tempo con l’attuale gruppo formato da Enrico Cardile, David Sanchez e Fabio Montecchi. Toccherà invece a lui realizzare una monoposto con cui poter dare l’assalto al titolo mondiale, approfittando della rivoluzione regolamentare, tirando fuori una macchina che nascerà sotto il segno delle nuove regole e riporterà in auge l’effetto suolo, dando un taglio netto con le normi attuali. Ma fino ad allora che cosa dovremmo sinceramente aspettarci dalla Ferrari? Nessuna illusione, innanzitutto. Il gap con la Mercedes e adesso pure con la Red Bull (come purtroppo avevamo temuto già all’inizio del mondiale) è così grande che non lascia spazio a molte speranze.
Sarà un altro anno di transizione, magari non penoso come questo, ma neppure tanto diverso. E anche sul futuro, nuove regole o no, permetteteci di nutrire qualche dubbio. Per cambiare le carte in tavola, bisognerebbe resettare tutto, immaginare un esodo al contrario, dopo quello che in questi anni ha fatto grande la Mercedes: non di piloti, ma di ingegneri, portare a casa nostra qualcuno di loro. Senza rivoluzione ci riesce difficile pensare a una Ferrari di nuovo dominante in Formula 1.
Oggi come oggi Mattia Binotto, a cui a onor del vero niente va imputato per impegno e capacità, fa persino tenerezza. «In questa prima parte della stagione abbiamo tutti lavorato e spinto cercando di recuperare», ha detto il team principal. E’ dall’inizio del mondiale che sentiamo questo ritornello, che devono lavorare e che lavoreranno di più. Il problema è che non è che sia servito a molto. «Fermarsi e ricaricare le batterie per la seconda parte è una buona cosa», ha aggiunto.
Poi sono cominciate le ammissioni
«Sulle prestazioni, non abbiamo raggiunto gli obiettivi che speravamo, è inutile nascondersi. Abbiamo sofferto più della Mercedes in tante piste. Abbiamo fatto fatica a capire questa macchina, a metterla a posto, a migliorare il bilancio». Consolazione? «In queste ultime gare siamo migliorati complessivamente». Sarà pure. Però, Vettel alla fine della gara, appena scampato al doppiaggio, aveva un broncio lungo così e diceva che nella seconda parte della stagione si aspetta che la macchina diventi più competitiva, perché non si può continuarte in questo modo. E’ dura per un campione del mondo far da spettatore non pagante. E’ dura anche per i suoi tifosi. E ammesso che la Ferrari sia davvero migliorata (ma ci sia permesso di aver qualche dubbio in proposito…), la Red Bull l’ha ormai superata nettamente. Questo è lo stato delle cose.