Tra il voto sulla Tav e la decisione di rompere è scattato qualcosa nella testa del leader della Lega. Un qualcosa che si è aggiunto a varie ragioni che lo spingevano a fare quel passo ma che fino all’8 agosto non lo avevano convinto del tutto
di Roberto D’Alimonte
Non basta dire «al voto»: ecco il timing della crisi
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It’s the economy, stupid! Alla fine è l’economia che conta. È l’espressione diventata famosa coniata dallo stratega elettorale di Bill Clinton durante la campagna elettorale del 1992 che ha portato uno oscuro governatore dello Stato dell’Arkansas a diventare presidente degli Stati Uniti sconfiggendo un presidente in carica. Ed è forse proprio l’economia che spiega la “misteriosa” decisione di Matteo Salvini di provocare la crisi in un momento così inusuale. Perché proprio ora?
Ce lo siamo chiesti la settimana scorsa e ce lo chiediamo ancora. Non c’è dubbio che sia stata una decisione tardiva e inaspettata. È arrivata dopo due successi incassati dalla Lega, sul decreto sicurezza bis e sulla Tav. L’unico No è stato sulla autonomia. Un No pesante che ha accentuato le contraddizioni della Lega una e trina. Ma anche l’economia deve aver giocato un suo ruolo.
Tra il voto sulla Tav e la decisione di rompere è scattato qualcosa nella testa del leader della Lega. Un qualcosa che si è aggiunto a varie ragioni che lo spingevano a fare quel passo ma che fino all’8 agosto non lo avevano convinto del tutto. Forse non sapremo mai con certezza cosa è stato quel qualcosa. Ma è possibile che, insieme ai fattori già discussi , l’economia sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Forse qualcuno ha spiegato a Salvini cosa è successo a quel George W. Bush senior che fu spodestato da Clinton nel 1992. L’unico caso negli ultimi 37 anni di un presidente in carica che non è stato rieletto. Un anno prima delle elezioni la popolarità di Bush era alle stelle. Dopo la guerra del Kuwait quasi il 90% degli americani ne approvavano l’operato. Un anno dopo il 60% ne davano un giudizio negativo. Fu la recessione economica a fare la differenza e ad aprire le porte della Casa Bianca a Clinton. It is the economy, stupid! La felice invenzione di Carville servì a focalizzare la campagna elettorale democratica sul tema che contava veramente, la recessione.
La recessione economica sta bussando alle porte anche da noi. A fine luglio l’Istat ha certificato la crescita zero per il secondo trimestre italiano. Anche i segnali che vengono dall’esterno sono preoccupanti. I dati negativi sulla produzione tedesca sembrano preludere a un Pil piatto o in contrazione nella rilevazione sul secondo trimestre attesa il 14 agosto. Negli Stati Uniti, gli economisti di Goldman Sachs scommettono su una prossima recessione globale indotta da guerra commerciale Usa-Cina che non si risolverà fino a dopo le elezioni americane. In Europa, nel secondo trimestre il Pil del Regno Unito ha registrato la prima contrazione (- 0,2%) da sette anni.
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