(Fotogramma)
Pubblicato il: 24/08/2019 07:28
Si è spento a 83 anni Carlo Delle Piane, attore di lungo corso, figura iconica del cinema italiano che in 70 anni di carriera, iniziata nel 1948 a 12 anni, quando interpretò Garoffi nel film ‘Cuore‘ dal romanzo di De Amicis, diretto a quattro mani da Vittorio De Sica e Duilio Coletti.
Nato a Roma nel 1936, in carriera ha lavorato, fra gli altri ha lavorato con Totò, Eduardo De Filippo, Alberto Sordi, Roman Polański, Vittorio De Sica, Vittorio Gassman, Steno, Mario Monicelli, Sergio Corbucci, Aldo Fabrizi e Pupi Avati. Proprio con quest’ultimo, cui lo ha legato una forte amicizia, ha girato una quindicina degli oltre cento titoli interpretati.
L’incontro con Pupi, il ricordo di Antonio Avati – “Un amico, il mio migliore amico nell’età in cui si hanno migliori amici e ci si gode la vita, quando svaghi, divertimenti erano importanti, poi le priorità cambiano. Di lui mi mancherà quel che mi mancava già da qualche anno: fino a sette, otto anni fa ci sentivamo una volta al giorno e una volta alla settimana andavamo a cenare al ristorante con altre persone semplici, facevamo delle grandi mangiate e bevevamo anche parecchio vino”. Si rompe la voce di Antonio Avati, produttore cinematografico, sceneggiatore, fratello e sodale nel lavoro di Pupi Avati, parlando all’Adnkronos. Fu lui a mettere in contatto, quasi imponendolo, Delle Piane al fratello regista, che non voleva saperne di ‘usarlo’ nei suoi film, con un piccolo inganno. “Nel ’76 ’77 Carlo stava vivendo un momento di attività cinematografica molto scadente: terminata la grande stagione della commedia all’italiana, cui aveva partecipato lavorando con tanti grandi registi come Monicelli, Steno, Zampa, De Filippo, Mattioli, Corbucci, De Sica, era finito in quegli anni a fare delle comparsate di poche scene in film diciamo di seconda fascia rispetto a quelli che avevano come protagonista la Fenech ma dello stesso genere”, ricorda Avati aggiungendo: “Allora io frequentavo le sale d’essai di Roma dove proiettavano titoli da cinefili, spesso vedevo tra il pubblico proprio Delle Piane e mi chiedevo cosa ci facesse uno che partecipava a quel genere di film. Per fortuna avevamo un amico in comune e una volta che entrambi eravamo nella sala dove proiettavano un film di Mazursky lui ci presentò: scoprii che era una persona molto timida, semplice ma che aveva degli interessi che andavano ben al di là delle partecipazioni che era costretto a fare per sopravvivere. Decisi che dovevo assolutamente farlo conoscere a Pupi, farlo lavorare con noi”.
“Ne parlai a mio fratello ma lui non voleva saperne così decisi di mettere in piedi un piccolo inganno. Pupi stava facendo le prove costume in sartoria per ‘Tutti i defunti…tranne i morti’, io feci intrufolare Carlo e di nascosto lo feci vestire da ispettore di polizia ‘alla Marlowe’, con cappello enorme ed impermeabile, andammo da Pupi, lui fece qualche faccia delle sue e tanto bastò perché si mettessero a parlare scoprendo tanti interessi comuni”, racconta Antonio Avati. “Così entro nel cast del film, il primo che fece con noi. La nostra carriera era agli albori e Carlo diventò una presenza costante. Era nato come caratterista, faceva parte di quel gruppo di attori straordinari che formava la seconda linea alle spalle dei grandi protagonisti della commedia all’italiana, poi diventò lui un grande protagonista. Fece con noi il film che lo fece esplodere, ‘Una gita scolastica’ dell”83 che andò a Venezia e gli fece vincere quello che allora si chiamava Premio Pasinetti come miglior attore”, continua. “Poi ci fu ‘Regalo di Natale’ ed ebbe la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile. I premi gli diedero una visibilità anche internazionale ed ebbe delle proposte molto importanti, alcune stupidamente le rifiutò e io lo sgridavo per questo – ricorda ancora – come quando Scola lo voleva per ‘La famiglia’, Annaud’, quando ancora pensava a De Niro come protagonista, lo avrebbe voluto per ‘Il nome della rosa’ nel ruolo del monaco Salvatore, poi andato a Ron Perlman, quello che diceva ‘penitenziàgite'”. “Carlo rifiutò ma in quel caso non lo sgridai: il film doveva essere girato in inglese e lui aveva paura di non farcela”, sottolinea.
“Il ricordo forse più emozionante che ho di Carlo è quello della notte che precedette la consegna della Coppa Volpi a Venezia nel 1986: Alla vigilia tutti davano per sicuro che sarebbe andata a Walter Chiari per ‘Romance’ di Massimo Mazzucco. Una giornalista mi disse che invece sarebbe toccata proprio a Carlo per ‘Regalo di Natale’, io telefonai a Rondi che era presidente e gli chiesi conferma, lui ritenne di poter venire meno alla riservatezza e me lo confermò. Telefonai subito a Carlo, gli dissi di sedersi, di stare calmo, e gli diedi la notizia, poi chiamai anche Pupi. Eravamo a Roma, prendemmo una macchina con alla guida un ragazzo della produzione e corremmo a Venezia. Credo – conclude Antonio Avati – che sia stato il viaggio più bello della sua vita e spero che quello che che sta facendo ora sia almeno altrettanto bello”.
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