Le opzioni sono riduzione di un punto l’anno per cinque anni, l’intervento choc sui giovani neoassunti e l’aggancio al salario minimo. Serve dote rilevante e c’è il nodo coperture
di Marco Rogari e Claudio Tucci
Di Maio detta le sue condizioni: i dieci punti irrinunciabili
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Non solo lo stop agli aumenti Iva. Il confronto tecnico sulla manovra in corso tra M5S e Pd, in attesa di capire se la trattativa potrà proseguire a livello politico dopo il no di Nicola Zingaretti alla richiesta di Luigi Di Maio di un Conte bis, punta dritto sul taglio del cuneo fiscale-contributivo.
Tre le opzioni già sul tavolo. La prima, rilanciata dai Dem, prevede un taglio di un punto l’anno per cinque anni sull’intera platea degli occupati. La seconda ipotesi poggia su un intervento choc sui giovani con una sforbiciata secca di 4 punti a fronte di un’assunzione a tempo indeterminato. C’è poi la proposta già formulata nelle scorse settimane dagli esperti dei Cinque stelle di esonerare i datori di lavoro dal versamento del contributo dell’1,61% della retribuzione destinata alla Naspi e di quello del 2,75% per la disoccupazione agricola, anche qui soltanto per i lavoratori a tempo indeterminato. Una soluzione che viaggerebbe parallelamente al salario minimo, e che varrebbe tra i 4-5 miliardi, ma che è stata accolta con freddezza da imprese e sindacati.
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A condizionare la scelta sarà anche la partita sulle coperture, che rientra nella difficile composizione del puzzle della manovra. La dote per il cuneo, a seconda dei dettagli che prenderà l’eventuale intervento, oscilla tra 2,5-3 miliardi e 5-6 miliardi. In casa Dem l’idea è quella di mettere in campo un intervento piuttosto robusto, dai connotati strutturali, ipotizzando una iniezione di circa un punto di Pil (10-15 miliardi), con l’obiettivo di alleggerire, in maniera visibile, il costo del lavoro per le aziende, aumentando le buste paga dei lavoratori.
«Nel nostro Paese esiste un tema di retribuzioni medie nette – osserva Giuseppe Provenzano, responsabile Lavoro del Pd –. Per innalzarle, occorre migliorare la qualità delle produzioni, con vere politiche industriali, e insieme ridurre le tasse sul lavoro».