Pubblicato il: 28/08/2019 12:06
di Stefania Marignetti
Una corsa contro il tempo per evitare di continuare a pagare multe all’Ue per i ritardi, e in molti casi le assenze, della rete di depurazione nel nostro Paese e per scongiurare il rischio di nuove sanzioni. Su questo pesa l’attuale crisi di governo. Un’incertezza politica che, se si dovesse prolungare, potrebbe pesare direttamente sul lavoro in corso per adeguarci alle direttive europee, e sulle nostre tasche. “Già un prolungamento della crisi politica di 3-4 mesi determinerà sicuramente dei ritardi”, spiega all’AdnKronos Enrico Rolle, il Commissario straordinario unico per la Depurazione.
Per andare avanti con le opere serve infatti “un decreto del Consiglio dei Ministri, atteso orientativamente per ottobre, che stabilisce quali sono gli interventi che il commissario attua direttamente e per quali, invece, fa solo attività di coordinamento, e che individua le risorse necessarie per il completamento degli interventi, che sicuramente saranno importanti. Ma finché non ci sarà un governo nuovo questo decreto potrebbe non arrivare”, spiega il Commissario.
La situazione delle infrazioni per ‘mala depurazione’. Attualmente sono quattro le procedure di infrazione già avviate nei confronti dell’Italia per il mancato rispetto della normativa sulla gestione delle acque reflue urbane e che riguardano circa 1000 agglomerati. Nel 1991 l’Ue ha chiesto all’Italia di mettersi a regime entro i primi anni del 2000.
Evidenziato però il mancato rispetto delle direttive, sono arrivate le prime due infrazioni, sfociate nella condanna della Corte di giustizia: per la prima, si è arrivati al pagamento delle sanzioni; sulla seconda siamo già stati condannati una prima volta, che è il presupposto per la seconda condanna in cui scattano le sanzioni.
La condanna del 2018, che è costata all’Italia 25 milioni di euro, ci costerà ancora 30 milioni per ogni semestre di ritardo nell’adeguamento della rete di depurazione. Queste prime due procedure (che riguardano principalmente grandi città italiane) sono state affidate, nel 2017, al Commissario straordinario unico per la Depurazione.
Poi sono arrivate le altre due infrazioni, nel 2014 e nel 2017, riferite a un numero molto più ampio di agglomerati, prevalentemente di piccole dimensioni (con alcune eccezioni come Firenze e alcune città del nord).
Sono la terza e la quarta e, qui, siamo ancora alle prime fasi: per la terza siamo al ‘parere motivato’ che è il presupposto per andare in Corte di Giustizia cosa che succederà a breve; per quanto riguarda la quarta, siamo alla ‘lettera di messa in mora’ con cui la Commissione Ue contesta gli agglomerati che non rispettano la direttiva comunitaria.
L’incertezza politica quindi non aiuta. Ma non solo. “L’attività del commissario è rallentata dalla mancanza di poteri adeguati alla celerità con cui si dovrebbe intervenire, dato che stiamo pagando delle sanzioni – sottolinea Rolle – il decreto Sblocca cantieri che ha esteso le competenze del commissario non ne ha esteso anche i poteri in maniera adeguata. Abbiamo lavorato con i parlamentari per far approvare una parte del provvedimento che trattasse proprio di questo ma che purtroppo non è andato in porto, quindi siamo nella difficoltà in cui eravamo già dall’inizio”.
A cosa si riferisce quando parla di ‘ampliamento dei poteri’ del commissario? “Al fatto che dai poco meno di 100 agglomerati del 1991 siamo arrivati a circa 1000 assegnati al commissario – risponde Rolle – all’impossibilità di riuscire a darsi un organico con persone capaci, che ci sono, con posti dirigenziali che favoriscano anche il trasferimento da altre amministrazioni; alla richiesta di aumentare i poteri del commissario anche nella fase di realizzazione dei lavori, per abbreviare i tempi; e di consentire al commissario di operare in un regime speciale che lo metta al riparo dagli inconvenienti di cui soffrono le opere pubbliche in Italia”.
“Sono richieste fatte più volte e che finora non hanno mai avuto risposta positiva al di là delle dichiarazioni e siamo ancora lontani da arrivare ad assegnare a questi interventi la priorità che dovrebbero avere, sia per l’impatto ambientale che questo problema ha sia perché a pagare sono i cittadini”, ricorda il Commissario straordinario.
Cosa è stato fatto finora e cosa resta da fare. “Secondo le nostre previsioni, entro quest’anno tutte le progettazioni saranno avviate ed entro il prossimo saranno avviati tutti i lavori. Entro il 2023 tutte le opere relative alle prime due procedure di infrazione saranno completate. Considerando che la legge italiana che prescriveva di realizzare tutte queste opere è del 1976, siamo riusciti a recuperare un ritardo di decine di anni. Si può essere soddisfatti”.
Ma come si è arrivati a questa situazione cronica sulla ‘mala depurazione’ italiana? “Il sud è in ritardo su molte cose, ma sul fronte della depurazione un ruolo fondamentale lo ha giocato pensare che, con l’avvio del servizio idrico integrato, il problema fosse risolto. Ma il sud non è riuscito a darsi questo servizio idrico integrato, lo Stato è rimasto un po’ a guardare salvo poi capire di dover intervenire per recuperare il deficit e dal 2012 sono arrivate le risorse. Ma per un lungo periodo non ci sono stati né finanziamenti pubblici né i fondi che dovevano arrivare dalla tariffa, perché non era stato organizzato il servizio. Di chi è la colpa? Sono le Regioni che devono organizzare il servizio, se non lo hanno fatto una qualche colpa ce l’hanno”.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos.