La notizia del giorno non è la nascita o meno del governo Conte Bis, né il tira e molla di Di Maio per una poltrona per sé. No, la notizia del giorno è un tweet di Donald Trump. Un tweet goffo e involontariamente comico, nello stile del presidente americano, ma terribilmente pesante. Perché arriva con un tempismo perfetto, attorno alle 16,30, a pochi minuti dalla riapertura della trattativa per la formazione del nuovo governo Pd-Cinque Stelle. E poco importa che nel tweet, The Donald chiami Conte “Giuseppi”. Poco importa, pure, che quel tweet suoni come un excusatio intempestiva dopo l’incontro bilaterale promesso e fatto saltare due giorni prima, al G7 di Biarritz. Poco importa. Perché quel tweet seppellisce l’internazionale sovranista ed è l’attestazione che molto più di qualcosa è cambiato negli ultimi mesi, dopo le elezioni europee del 28 maggio.
Intendiamoci: Trump è rimasto Trump. Il tweet successivo è un elogio sperticato al presidente Jair Bolsonaro, e al suo gran rifiuto dei 20 milioni “neocoloniali” dei grandi del mondo per spegnere gli incendi in Amazzonia. Quel che è cambiato è il mondo attorno a lui. E Trump – meglio, l’amministrazione americana – sta agendo di conseguenza. È cambiato che l’economia del pianeta si sta fermando, e non è più tempo di guerre di dazi tra Usa e Cina, né di guerre commerciali tra Usa e Germania. È cambiato che a Bruxelles si è insediata una Commissione Europea guidata da un ex ministro della difesa, Ursula von der Leyen, favorevole alla creazione di un esercito europeo sotto al cappello della Nato, che si traduce in quell’aumento delle spese militari del Vecchio Continente che Trump auspica da quando ha messo piede nell’Ala Ovest della Casa Bianca, oggi più che mai, dopo che la Turchia si è messa a comprare armi dalla Russia. Ed è cambiato l’atteggiamento con la Russia di Putin e i suoi storici protegée, dal Venezuela di Maduro all’Iran degli Ayatollah.
A farla breve, è cambiato che non è più tempo di un’Europa destabilizzata. Né, quindi, di sostenere gli agenti della destabilizzazione in Europa. Sarà un caso, ma nel giro di qualche mese è saltato il governo austriaco di Sebastian Kurz – il primo esperimento di governo popolar-sovranista in europa – sotto il peso dello scandalo che ha coinvolto l’alleato dell’ultradestra Heinz Christian Strache, del quale è stato diffuso un video girato nel 2017 a Ibiza in cui accettava offerte di corruzione dalla sedicente nipote di un oligarca russo, poco prima delle elezioni europee. Sarà un caso, ma poche settimane dopo, è toccato a Matteo Salvini finire sotto il giogo di un altro Russiagate. E sarà un caso, ma poche settimane dopo ancora, Salvini ha deciso di suicidarsi politicamente, facendo saltare il governo gialloverde di cui era dominus assoluto, mentre il neo primo ministro Boris Johnson, il più agguerrito sostenitore del no deal, una Brexit senza accordo, ha aperto a un’intesa dell’ultimo minuto con l’Unione Europea.
Salvini, Strache, Johnson: tre punte di diamante dell’internazionale sovranista orchestrata da Steve Bannon, cadute, colpite da scandali o tornate su sentieri più prudenti all’apice del loro potere, senza che Trump, il grande destabilizzatore d’Europa, alzasse un dito in loro favore. Ma anzi, nel caso di Salvini, tendendo la mano alla sua nemesi, a quel GIuseppe Conte che di Salvini è oggi il grande accusatore, dopo i quaranta minuti di giaculatoria al Senato con cui ha posto fine all’esperienza del governo gialloverde.
Fossimo in Salvini, saremmo più preoccupati per questo voltafaccia, che per la nascita del governo giallorosso. Perché puoi avere tutto il consenso del mondo, ma è difficile governare un Paese come l’Italia se Washington ti volta le spalle, se le principali cancellerie europee ti detestano, se a Bruxelles è nata una commissione fondata sulla conventio ad excludendum del leader leghista, e se di questa eterogenea alleanza anti-sovranista fanno fanno parte pure quelli che dovevano essere i tuoi alleati a casa tua e a Bruxelles, segnatamente il Movimento Cinque Stelle e Viktor Orban.
Ecco, ieri Salvini si è probabilmente reso conto che il suo primo ciclo politico è giunto al termine. Che ha perso. Che il governo Conte Bis nascerà, perché tutti lo vogliono. Che a questo governo sarà data quella flessibilità, quell’indulgenza e quella credibilità internazionale che l’esecutivo gialloverde non ha mai avuto. E che in questa luna di miele col mondo di Giuseppi e dei suoi alleati, la sua azione all’opposizione sarà sterile, se proseguirà sulla strada dell’anti-europeismo e del filo-putinismo. Essere agente della destabilizzazione europea non paga più, perché non c’è più nessuno che vuole destabilizzare l’Europa. Ora è il tempo di Giuseppi, non di Matteo. A Salvini, che è giovane e furbo, non resta che accomodarsi in panchina, e aspettare che passi la nottata.
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