Pubblicato il: 29/08/2019 18:03
di Antonella Nesi
“In tutto il mondo le donne devono faticare di più per affermarsi rispetto agli uomini. Bisogna lottare. Gli uomini no. Noi incontriamo molto scetticismo. Soprattutto quando bisogna gestire tanta gente: quindi siamo registe, politiche, manager, Ceo. Noi donne dobbiamo considerarci sorelle in tutto il mondo e coltivare queste aspirazioni. Io voglio lottare per questo e voglio che mia figlia abbia un mondo migliore”. Si commuove tra gli applausi della sala stampa del Palazzo del casinò del Lido, Haifaa Al-Mansour, la prima regista donna dell’Arabia Saudita, che torna alla Mostra del Cinema (nel 2012 portò a Venezia nella sezione Orizzonti ‘Wadjda’, il suo primo lungometraggio ed il primo film a essere girato in Arabia Saudita), questa volta nel concorso principale con ‘The Perfect Candidate’.
In questo nuovo film la regista racconta di Maryam, una donna saudita che, pronta per una vacanza a Dubai, viene respinta ai controlli dell’aeroporto di Riad perché il permesso rilasciato dal padre, suo tutore maschile come vuole la legge saudita, non è stato rinnovato. La ragazza deciderà di dedicarsi alla politica per combattere norme sociali che ritiene ingiuste, come la segregazione di genere, andando contro le credenze della sua famiglia.
“Attraverso il percorso di Maryam – dice la regista – voglio mostrare una visione ottimista del ruolo che le donne saudite possono ricoprire nella società unitamente al contributo che possono dare nell’atto di forgiare il proprio destino. Voglio incoraggiare le donne saudite a cogliere un’opportunità e a liberarsi dal sistema che ci ha deliberatamente ostacolato così a lungo”. Secondo Haifaa Al-Mansour emancipazione femminile e tradizioni culturali non sono affatto in contrasto: “ll significato sottinteso del film ruota attorno alla necessità di celebrare e rendere omaggio alle nostre profonde tradizioni culturali e artistiche e di lasciare che esse guidino gli sforzi necessari a promuovere il processo di sviluppo e di modernizzazione del Paese. Tutte le manifestazioni artistiche pubbliche sono state proibite nella fase moderna di sviluppo del Paese. Ma con la riapertura di sale da concerto, cinema e gallerie d’arte in tutto il Regno, è importante volgere nuovamente lo sguardo alla ricca storia artistica che abbiamo quasi perduto. Con l’apertura dei cinema e il permesso di guidare concesso alle donne del Regno voglio mostrare lo sforzo immenso che il cambiamento reale comporterà. Le donne avranno l’opportunità di contribuire e partecipare a una società che per generazioni intere le ha estromesse“.
La regista ammette che “le cose sono molto cambiate in Arabia Saudita ma tante donne – aggiunge – sono ancora troppo riluttanti e conservatrici”: “La parte più difficile per le donne ora è guardare oltre le antiquate convenzioni sociali e i modesti obiettivi che si erano prefissate precedentemente, mandare in frantumi i tabù che le attanagliano e decidere di tracciare nuovi percorsi per se stesse e le loro figlie. Spero che questo film possa aiutare”. Secondo Al-Mansour l’arte è anche “portatrice di pace”: “In Medio Oriente abbiamo bisogno di pace e la conoscenze dell’arte ci fa scoprire quanto in realtà siamo tutti molto vicini, anche con Israele”.
Quanto al fatto che nel concorso principale di Venezia76 ci siano solo due donne registe, sottolinea: “Certo i festival possono essere molti utili ma bisogna intervenire all’origine e il ciclo di un film comincia con i finanziamenti. Ci vorrebbe l’apertura del sistema degli studios alle donne. Qualcosa si è fatto ma c’è ancora tanto da fare. E per fortuna le donne hanno dimostrato di saper fare bellissimi film anche con pochissimi soldi”, conclude.
Adnkronos.