Pubblicato il: 03/09/2019 16:25
“Questa è una storia che sentivo di dover raccontare. Una storia di riabilitazione reale“. Tim Robbins porta fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia ’45 seconds of laughter’ (’45 secondi di risate’), un documentario che racconta l’esperienza fatta dal regista con un gruppo di detenuti della prigione di Stato di Calipatria, che ha partecipato a un laboratorio teatrale con la sua compagnia, The Actors’ Gang. Sfidando le barriere razziali e le affiliazioni tra gang, i carcerati esplorano con Robbins emozioni a lungo rimaste sopite dando vita a legami inaspettati tra uomini un tempo rivali.
“Mentre giravo ‘The Shawshank Redemption’ e ‘Dead Man Walking’ – afferma il regista e attore statunitense – ho potuto constatare di persona la natura brutale del sistema carcerario statunitense. Dopo avere abbandonato qualsiasi idea di riabilitazione, le nostre prigioni erano gestite con un approccio punitivo che richiedeva la disumanizzazione dei detenuti”.
Per questo, secondo il regista, “la maggior parte dei programmi televisivi e dei film dipingevano i detenuti come animali spaventosi, pericolosi, amorali che rappresentavano una seria minaccia per la società”. Ma – aggiunge Robbins – “questa visione non rifletteva la natura della stragrande maggioranza delle persone che avevo conosciuto in carcere“.
Di qui la voglia di fare qualcosa per cambiare lo cose: “Tredici anni fa ho iniziato a lavorare con The Actors’ Gang con l’obiettivo di mettere a punto un programma riabilitativo nelle prigioni di Stato della California. Abbiamo chiesto di poter entrare in contatto con le realtà carcerarie più dure e difficili, che ogni classe fosse interrazziale e che le bande rivali si incontrassero nella stessa stanza“. E il risultato, come ben racconta in ’45 All’interno di queste classi abbiamo scoperto cose sorprendenti e di grande umanità, un’esperienza che ha segnato tutti noi”. Rifacendosi a personaggi tipici della Commedia dell’Arte, gli uomini si misurano infatti con le sfide dell’ambiente violento in cui vivono, nel cammino verso una trasformazione e una liberazione che non appartengono normalmente alla vita dietro le sbarre.
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