Sono passati solo tre mesi dal trionfo della Lega alle elezioni europee, ma il rapporto con l’Europa e tutti i ruoli più importanti a Bruxelles riservati all’Italia sono in mano al Partito Democratico. Anche in politica esistono le porte girevoli e il nostro Paese è rientrato nell’establishment dopo quindici mesi di isolamento sovranista. Tutto è nato con l’elezione di David Sassoli alla presidenza del Parlamento europeo. Uno sgarbo istituzionale ai sovranisti italiani si è rivelato il primo atto di una opa europeista fatta dai dem sui Cinque Stelle che ha rimesso l’Italia nell’establishment Ue. Complice il suicidio politico di Matteo Salvini il Pd ha occupato i ruoli strategici che saranno fondamentali per la relazione con l’Unione europea nei prossimi mesi.
Da Enzo Amendola diventato ministro agli Affari europei a Roberto Gualtieri nominato all’Economia e considerato dagli addetti ai lavori uno dei tre deputati più influenti del Parlamento europeo. Il Pd è anche l’unico partito che ha ottenuto le vicepresidenze più importanti nelle commissioni dell’Europarlamento: Piero Bartolo alle Libertà civili, giustizia e affari interni, Patrizia Toia a Industria, ricerca e energia, Caterina Chinnici al Controllo dei bilanci e Giuseppe Ferrandino alla Pesca. In quei comitati si modificheranno in modo decisivo le leggi che influenzeranno la vita quotidiana dei cittadini: sei decreti legislativi su dieci in Italia vengono dalle direttive europee. Agli altri partiti sono rimaste le briciole, anzi una mollica: la vicepresidenza della commissione Giuridica data a Raffaele Stancanelli di Fratelli d’Italia. E anche nell’unica altra commissione di peso, Affari costituzionali, dove il presidente è Antonio Tajani di Forza Italia, il Pd è riuscito a piazzare Giuliano Pisapia come vice presidente.
L’ultimo tassello è quello di Paolo Gentiloni a cui spetterà di sicuro la vicepresidenza della Commissione europea e un portafoglio importante. Il commissario dem non è un Gianmarco Centinaio o Gianluca Garavaglia. A un ex presidente del Consiglio di uno stato membro normalmente spetta la carica di presidente della Commissione. È stato così per Romano Prodi (1999-2004), José Manuel Barroso (2004-2014) e Jean-Claude Juncker (2014-2019), premier nei rispettivi paesi prima di guidare la Commissione. A maggior ragione se la neo presidente della Commissione Ursula von der Leyen è stata solo, si fa per dire, ministra della difesa. Per questo in ballo per lui ci sono la Concorrenza o gli Affari economici che fino al 31 ottobre sarà in mano al francese Pierre Moscovici. Un ruolo decisivo perché è il commissario che più si relaziona con i governi durante la legge di bilancio. Molti Stati del Centro e nord si opporranno perché temono che Gentiloni possa concedere troppa flessibilità. Per bilanciare von der Leyen potrebbe confermare il rigoroso lettone Valdis Dombrovskis come commissario all’euro.
E la Lega? Aveva promesso di ribaltare l’Unione europea con il suo 34% dei voti ma non ha fatto i conti con gli altri partiti eletti al Parlamento europeo. La maggioranza formata dal popolari (Ppe), socialisti (Psde) e liberali ha escluso i 28 eurodeputati del Carroccio e i suoi alleati sovranisti nell’eurogruppo Identità e democrazia da tutte le cariche più importanti. Con il governo giallorosso, l’unica guerra che Salvini potrà fare alla Commissione sarà sui social. Pensare che la forza del consenso possa passare sopra alle regole delle istituzioni è un difetto che accomuna i sovranisti italiani e inglesi negli ultimi tempi.
Rimane fuori da tutto anche il Movimento Cinque Stelle anche se fa meno paura. Sono in molti in Europa a pensare che il M5S stia compiendo la stessa parabola di Syriza di Alexis Tsipras, nato incendiario e morto pompiere. Questa è la percezione, che sia vero è un’altra storia. Per ora il M5S nazionale si è allineato alla delegazione che li rappresenta al Parlamento europeo a Strasburgo e Bruxelles. I 14 eurodeputati sono stati i primi a innescare l’istituzionalizzazione del M5S, stringendo un accordo con i socialisti per votare Sassoli capo del Parlamento europeo in cambio di una vice presidenza. Se ci pensate, è strano che il M5S, finito nel gruppo dei Non iscritti, quindi senza budget per uffici e personale, possa ottenere la vicepresidenza dell’Aula di Strasburgo. Un accordo che poi ha portato all’elezione di Ursula von der Leyen. L’esigenza del M5S europeo di fare da ago della bilancia ha innescato la crisi di governo in Italia, ma è stato anche il segnale che il Movimento poteva essere considerato affidabile e diverso dalla Lega. I grillini vogliono uscire dalla muffa del gruppo dei Non iscritti ed entrare nell’eurogruppo dei liberali o nei verdi. Ma la strada è lunga e per ora i dem hanno il monopolio del rapporto con Bruxelles.
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