L’ex vice premier e ministro dell’interno incarna in pieno il tipo di uomo in cui ogni giovinetta sia pure di solido intelletto ha la sventura di imbattersi almeno una volta nella vita, l’uomo che dopo la ‘fuitina’ estiva si appresenta alla porta come se nulla fosse, forte dell’ascendente che crede di potere esercitare all’infinito sulla mite Clarabella. Finché un bel giorno la sempre mite Clarabella gli apre la porta vagamente déshabillée con al fianco José, un meticcio di due metri a petto nudo che fa il banconista presso la ditta Ursula von der Leyen. E allora pur di rientrare nella bella casetta messa in piedi con Clarabella (e con il mutuo ancora da pagare) l’uomo forte, l’uomo che non deve chiedere mai, l’uomo solo al potere si prostra, promette la carica di premier, ma niente, è tutto inutile. La mite Clarabella, in un afflato di esterofilia, o forse su consiglio dei genitori, preferisce José. Panico. Stupore, poi di nuovo panico. Fino a quando lento, strisciante, si insinua prima il serpente della gelosia, poi della rivendicazione, infine del rancore.
Oggi Salvini appare vecchio, bisbetico. Mentre gli altri leghisti, quelli seri, continuano ad amministrare dietro scrivanie dove troneggia la foto degli stivali con cui gli antenati dissodavano la Pianura padana, il nostro alterna scenate di gelosia in Parlamento a farneticazioni lungo il Paese, in preda a una campagna elettorale h 24/24 in stile Papeete, come se nulla fosse successo. Coazione a ripetere, la chiamano gli psicologi, può insorgere all’indomani di un trauma che non si riesce a superare.
L’altro giorno, a Orvieto, Matteo Salvini ha importunato persino dei turisti giapponesi. «Mi metto nei panni dei turisti giapponesi (tutto pur di dimettere i propri ndr.) che stanno passando. E vedono un tizio con la camicia, col microfono in mano e si diranno: ma che sta facendo il giovedì su una panchina a Orvieto?». Giusto, che sta facendo? «Amici giapponesi stiamo liberando una terra stupenda», dice «questi sono i turisti che ci piacciono, quelli che pagano, non come quelli che sbarcano e vengono pagati per fare i turisti». Dice la Treccani: «Coazione a ripetere – tendenza incoercibile, del tutto inconscia, a porsi in situazioni penose o dolorose, senza rendersi conto di averle attivamente determinate, né del fatto che si tratta della ripetizione di vecchie esperienze».
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