Una sorta di mutua collaborazione tra oceani nell’era del cambiamento climatico: contrariamente a quanto temevano in molti, non sta infatti rallentando la Circolazione Atlantica meridionale, preziosa per l’equilibrio del clima, e a sorpresa a tenerla in vita contribuisce l’oceano Indiano. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Climate Change si deve all’Università della California a San Diego e all’Università di Yale.
All’attenzione dei ricercatori è il fenomeno del rallentamento della Circolazione Atlantica meridionale, che trasporta l’acqua calda verso Nord e quella fredda verso Sud: stabile per migliaia di anni, questa sta mostrato segni di rallentamento negli ultimi 15 anni e al momento non è chiaro se questo fenomeno sia un’anomalia temporanea legata alla naturale variabilità dell’oceano. “L’ultima volta che la corrente si è indebolita è stato 15-17.000 anni fa, con conseguenze su tutto il pianeta”, commenta Alexey Fedorov, che ha coordinato la ricerca per l’Università di Yale.
Con dati basati sull’osservazione e modelli informatici, i ricercatori hanno calcolato una serie di effetti a cascata dall’oceano Indiano all’Atlantico: se le acque del primo diventano più calde, si muovono sempre più velocemente, generando maggiori piogge. Questo processo innescherebbe una maggiore circolazione di aria verso l’oceano Indiano, riducendo le piogge suell’Atlantico,, le cui acque diventerebbero più saline, perchè meno ‘diluite’. L’acqua più salata nell’Atlantico, che va verso Nord con la corrente Amoc, porterebbe il freddo molto più velocemente del solito.
“Potrebbe funzionare come una sorta di avviamento per l’Amoc – rileva Fedorov – ma non sappiamo per quanto continuerà. Se il riscaldamento delle altre acque tropicali, specialmente del Pacifico, raggiungesse l’Oceano Indiano, il vantaggio per la corrente Amoc si fermerebbe”.