Un’immagine dello spettacolo ‘Inoah’ di Bruno Beltrao alla guida del Grupo de Rua, in scena al Parco della Musica per il Romaeuropa Festival il 25 e il 26 settembre
Pubblicato il: 24/09/2019 18:43
Dopo la ‘Furia’ di Lia Rodrigues la danza del Romaeuropa Festival torna in Brasile con l’energia di Bruno Beltrão e del suo Grupo de Rua in scena il 25 e il 26 settembre con il suo ‘Inoah’. Lo spettacolo è presentato in prima nazionale nella sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica. Inoah (‘erba alta’, in lingua tupi), titolo dello spettacolo, deriva dal nome di un quartiere di Marica, vicino a Niterói a 40 minuti da Rio, dove Bruno Beltrão è nato e cresciuto e dove si è appassionato alla danza sin dall’età di 10 anni.
Un paesaggio circondato da montagne che Grupo de Rua ha ammirato, vissuto e trasportato sul palco, attraverso una striscia di schermi che, come finestre, sembrano affacciarsi su questo lato del mondo, sul suo cielo, sulla sua natura. “Siamo rimasti in un capannone a Inoah per sei mesi – ha raccontato il coreografo- Questo spazio era tutto chiuso, tranne per piccole finestre in alto, dalle quali potevamo vedere il pezzo di una casa, un’antenna telefonica con una montagna sullo sfondo, pali della luce e cavi aggrovigliati”.
“Immagini insistenti che continuavano a inseguirci – ha aggiunto Bruno Beltrao- Queste finestre sembravano essere lì per interrogarci su come la nostra danza potesse comunicare con il mondo. Sappiamo che non esiste una creazione artistica che possa partire da zero e che qualsiasi lavoro è il frutto di una relazione tra il corpo e l’ambiente. Ma se insistiamo su questo punto e su questa idea è perché permette di interrogarsi sulla differenza che la nostra danza può portare nel mondo. Non considero questi passaggi temporali una metafora della nostra crisi politica. O magari forse lo sono”.
Dieci gli interpreti in scena, Bruno Duarte, Guilherme Nobre, Douglas Santos, Eduardo Hermanson, Joao Chataignier, Leandro Gomes, Leonardo Laureano, Alci Junior ‘Kpue’, Ronielson Araujo ‘Kapu’, Sid Yon, pronti a donare tutta la loro energia senza temere nulla, senza fermarsi dinanzi a nessun ostacolo per dare vita ad una coreografia di 50 minuti, tra salti in orizzontale, corpi che trovano il loro equilibrio e la loro forza poggiandosi solo sulla testa. Una danza di “bagliori e sospensioni improvvise, di angoli acuti e pruriti ossessivi, di impulsi verso lotte furtive e atmosfere quasi sinfoniche” come l’ha descritta ‘La libre’.
Sullo sfondo l’hip hop e la street dance, quella dei contest, quella appresa per le strade di Rio ora estratta dal suo paesaggio naturale e inserita nel contesto teatrale. Perché per Beltrao l’hip hop è solo un linguaggio utilizzato per parlare del mondo, una grammatica che deflagra sulla scena per generare nuovi significati, nuove forme. Ecco, allora, che dopo la luce dorata che accarezza l’incipit soft dello spettacolo, lampi di adrenalina illuminano la scena attraverso immagini di violenza e poesia, di sopraffazione e sottomissione, di fughe improvvise e nuovi approdi, di lotte intestine, come quelle che abitano le strade, di alleanze e tradimenti.
“Sembra di ritrovare l’energia di Hofesh Shechter versione street style – ha commentato, non a caso, ‘Toute La Culture’ – ‘Inoah’ è come una storia della violenza delle origini ai giorni nostri raccontata da dieci ragazzi”.
Nato nel 1980 a Niterói, un sobborgo di Rio de Janeiro, il coreografo brasiliano Bruno Beltrão usa stili di danza urbana nel contesto della danza contemporanea concettuale combinando svariate influenze, tra cui l’hip hop, per dare vita a paesaggi coreografici astratti. Alle danze urbane, in fondo, si appassiona sin dall’età di 10 anni, ben prima di fondare con l’amico Rodrigo Bernardi, nel 1996, ancora adolescente, la sua compagnia Grupo de Rua.
Nel 2001 il duetto ‘From Popping to Pop’, debutto ufficiale di Beltrão sulla scena della danza contemporanea a Copacabana, ha segnato una svolta nella sua carriera soprattutto attraverso una peculiare cifra stilistica basata sulla decontestualizzazione dell’hip hop e delle pratiche urbane dal loro ambiente naturale e culturale. Lo stesso anno, l’uscita di Rodrigo Bernardi dalla compagnia, porta il giovane coreografo ad assumerne interamente la direzione. Da allora Beltrao ha coreografato ‘Too Legit to Quit’ (2002), ‘Telesquat’ (2003), ‘H2’ (2005) e ‘H3’ (2008) e ‘Inoah’ (2018), la pièce con la quale approda per la prima volta al Ref.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos.