La ricerca Nielsen affronta un tema “caldo”, ovvero l’impatto decreto del 3 agosto 2017, n. 123, nel quale all’articolo 9-bis è stato aggiunto il recepimento della direttiva 2015/0720/UE, che ha imposto dal primo gennaio 2018 l’uso esclusivo di plastica biodegradabile per i sacchettini “ultraleggeri” e a pagamento con i quali si pesano e si prezzano i prodotti sfusi nei punti vendita della distribuzione moderna. Dallo studio emerge che gli italiani sono a conoscenza della normativa (97% del campione intervistato) e del fatto che preveda il pagamento dei sacchetti (99%).
Nello stesso tempo, tuttavia, la normativa è percepita come obbligatoria e trasversale, senza un particolare impatto sull’immagine dell’insegna. Il primo elemento di novità è che gli alto-acquirenti di ortofrutta (ovvero i consumatori che acquistano quantità sopra la media di prodotti nel comparto) mostrano maggiore condivisione della normativa che prevede l’introduzione di sacchetti in bioplastica, in quanto la considerano un incentivo a comportamenti ambientalmente virtuosi (il 14% in più rispetto alla media degli italiani).
La percezione distorta che questi sacchetti rendano frutta e verdura più care invece riguarda soprattutto i basso-acquirenti del comparto (7% in più rispetto alla media italiani). Nessuno dei due gruppi di acquirenti (alto e basso) infatti, dichiara di aver cambiato le proprie abitudini di acquisto nell’ultimo anno. La lettura di questo dato è che in realtà l’introduzione dei biosacchetti a pagamento non abbia affatto compromesso l’andamento del comparto, bensì che i 12 milioni di basso-acquirenti di prodotti ortofrutticoli siano già da tempo più orientati al peso imposto per motivi di praticità e risparmio.
Nel contesto di un Paese che si dichiara virtuoso e attento alle tematiche di sostenibilità ambientale (il 92% delle volte la base di acquirenti di ortofrutta si impegna nella raccolta differenziata, il 90% delle volte porta borse da casa nei negozi della Gdo per evitare di sprecare i sacchetti usa e getta, etc.), le motivazioni che spingono le famiglie ad acquistare i prodotti sfusi sono principalmente quelle di evitare sprechi (25%) rispettare l’ambiente (20%) e risparmiare sul costo del prodotto (18%)
Il messaggio chiave per i player del settore è quindi quello di lavorare sul miglioramento del servizio correlato al prodotto sfuso: dall’irrobustimento dei sacchetti bio (suggerita dal 69% del campione) alla diversificazione dei formati per permetterne il riciclo come sacchetti dei rifiuti organici (suggerita dal 64%).
“); } else { document.write(“”); }