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Ambiente: in Europa nell’ultimo secolo scomparso 90% delle zone umide  

Le perdite peggiori in Francia, Italia, Grecia, Germania e Olanda

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Il 2 febbraio è la Giornata Mondiale delle zone umide che celebra l’adozione della Convenzione Internazionale firmata nel 1971 a Ramsar, in Iran. Le zone umide sono gli ecosistemi più a rischio del pianeta, eppure ci difendono da alluvioni e inondazioni, assorbono gas serra e sono i più ricchi in assoluto di biodiversità. Ma stagni, paludi, torbiere e acquitrini si stanno letteralmente estinguendo. Solo in Europa, nell’ultimo secolo, è scomparso il 90% delle zone umide. Secondo la Commissione europea, fra il 1950 e il 1985 si sono registrate le perdite maggiori, nell’ordine, in Francia, Italia, Grecia, Germania e Olanda. Dei circa 3 milioni di ettari originari, all’inizio del ventesimo secolo, in Europa, ne restavano meno della metà, 1.300.000 ettari.

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In Italia, queste aree ad oggi sono 65, per un totale di 82.331 ettari (secondo l’elenco stilato dal ministero dell’Ambiente). Pressione antropica e riscaldamento globale mettono sempre più a rischio gli equilibri delicati e complessi di questi ecosistemi, tanto che nell’ultimo secolo oltre il 64% delle zone umide sono ormai scomparse (fonte Ispra).








Le zone umide sono tra gli ambienti tutelati dalla Direttiva Quadro Acque e, insieme alle barriere coralline e alle foreste tropicali, sono gli ecosistemi con la più elevata biodiversità al mondo. Si stima che a questi ambienti sia legato circa il 12% delle specie animali presenti nel nostro Pianeta e il 40% della biodiversità, considerando anche le specie vegetali. Lo ricorda il Wwf sottolineando che uno dei gruppi tassonomici più rappresentativo in questi ambienti è quello degli uccelli: a livello mondiale, su 9.895 specie esistenti, 878 (pari al 9%) sono strettamente legate alle zone umide. In Italia la percentuale di uccelli acquatici presenti nelle zone umide è ancora più alta: 192 specie (31%) su 621, la maggior parte delle quali migratrici.

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