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Animali: capodogli spiaggiati, plastica nel 33%  

 

In Italia si spiaggiano in media 150-160 cetacei l’anno. Per un 30% dei soggetti, le cause di morte sono direttamente legate ad attività antropiche, prime tra tutte il traffico marittimo e la pesca. In aumento, però, le evidenze della contaminazione da plastica: negli ultimi 10 anni nel 33% dei capodogli spiaggiati sono stati ritrovati frammenti di plastica nello stomaco; il 4% era avvolto da resti di reti abbandonate. Lo rileva lo studio presentato oggi dai ricercatori del dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione dell’Università degli Studi di Padova, in occasione della presentazione oggi del tour “Mayday Sos Plastica” di Greenpeace e The Blue Dream Project.

Dall’inizio dell’anno sono ben sei i capodogli spiaggiati sulle coste italiane. L’ultimo caso risale a poche ore fa: un cetaceo è stato trovato morto sulla spiaggia di Palermo, poco distante da un altro che si era spiaggiato venerdì scorso a Cefalù con lo stomaco pieno di plastica. A fine marzo, a Porto Cervo era stata trovata una femmina di capodoglio gravida con ben 22 kg di plastica nello stomaco.

“E’ ancora da capire se la plastica sia stata la causa o una concausa della morte dei i capodogli spiaggiati. Questi eventi, però, sottolineano come l’inquinamento da plastica sia sicuramente un grave problema emergente per la salute e la sopravvivenza di questi animali e che sono necessari studi approfonditi in merito per garantire la conservazione di queste specie”, spiega Sandro Mazzariol dell’Università degli Studi di Padova.

I numeri della plastica. Circa 8,3 miliardi di tonnellate di plastica sono state prodotte a partire dagli anni ‘50. Ciò equivale, approssimativamente al peso di un miliardo di elefanti o a quello di 47 milioni di balenottere azzurre. Ma – secondo i dati diffusi da Greenpeace – solo il 9% di tutta la plastica prodotta a livello mondiale a partire dagli anni ‘50 è stata correttamente riciclata, il 12% è stata bruciata negli inceneritori e il 79% è finita nelle discariche o nell’ambiente.

Ogni anno fino a 12,7 milioni di tonnellate di plastica finiscono nei mari del Pianeta. Ogni minuto, di ogni giorno, l’equivalente di un camion pieno di plastica finisce nei mari del Pianeta. Alcune stime dicono che ci sono cinquemila miliardi di pezzi di plastica nei nostri oceani, abbastanza per circondare 400 volte la Terra. Dalle analisi condotte dal Cnr e dall’Università Politecnica delle Marche in collaborazione con Greenpeace nel 2017, circa il 25-30% di organismi marini analizzati aveva ingerito microplastiche, incluse specie di pesci destinate al consumo umano come merluzzo, sgombro, acciuga, triglie, gamberi e cozze.

Recenti ricerche hanno rilevato che in alcune zone del Tirreno si raggiungono livelli di concentrazione di microplastiche di 10.000 grammi per chilometro quadrato, in particolare nella zona del canale di Corsica. L’impatto della contaminazione da plastica è stato già accertato in 700 specie marine: 9 uccelli marini su 10, 1 tartaruga marina su 3 e più della metà delle specie di balene e delfini ingeriscono plastica.

Nell’Artico canadese, l’87% degli uccelli ha ingerito plastica di qualche tipo. I crostacei trovati nel punto più profondo dell’oceano, la Fossa delle Marianne, avevano ingerito plastica. Sempre nella Fossa delle Marianne (circa 11 km di profondità) è stato trovato il sacchetto di plastica più profondo del Pianeta.

Parte la spedizione sulle tracce della plastica in mare. “L’inquinamento da plastica ha raggiunto proporzioni ormai inaccettabili. Nelle prossime settimane navigheremo per monitorare il suo impatto sugli ecosistemi marini: dalla foce dei fiumi, come Tevere e Sarno, che spesso sono le strade dei rifiuti verso il mare, seguiremo le rotte dei cetacei, particolarmente abbondanti nell’area e sempre più colpiti dall’inquinamento da plastica, fino ai potenziali vortici di accumulo generati dalle correnti marine”, dice Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, presentando “Mayday Sos Plastica”, la spedizione di ricerca, monitoraggio e documentazione sull’inquinamento da plastica che vede insieme Greenpeace e The Blue Dream Project.

La missione si concentrerà nel Mar Tirreno Centrale, area potenzialmente esposta a fenomeni di accumulo di rifiuti plastici in mare. Per tre settimane, toccherà sia alcune aree marine protette (Ventotene, il Regno di Nettuno-Ischia, Tavolara-Punta Coda Cavallo, Arcipelago Toscano) che zone fortemente colpite dall’inquinamento per concludersi l’8 giugno all’Argentario, in occasione della Giornata mondiale degli Oceani. Alla spedizione parteciperanno ricercatori del Cnr-Ias (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per lo studio degli Impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino) di Genova e dell’Università Politecnica delle Marche.

 

 

Adnkronos.

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