Per la prima volta al mondo, le aziende dovranno dimostrare che i loro prodotti non hanno contribuito alla deforestazione per poterli vendere nell’UE. I rappresentanti del Parlamento europeo e dei governi nazionali, infatti, hanno finalizzato la nuova legge che impone alle aziende di risalire lungo tutta la filiera di approvvigionamento, fino al singolo appezzamento di terra, pena l’applicazione di multe.
La legge si applicherà alle aziende che vendono soia, carne bovina, olio di palma, legno, gomma, cacao e caffè, e alcuni prodotti derivati come cuoio, cioccolato e mobili. Un passo avanti importante, dato che finora i cittadini europei non avevano alcuna garanzia che gli articoli acquistati non fossero frutto della deforestazione.
Tuttavia, mentre la nuova legge proteggerà le foreste, altre aree naturali assai sensibili come savane e torbiere restano ancora non tutelate, così come i diritti umani delle popolazioni indigene. Inoltre, per le pressioni del settore forestale europeo e del governo canadese, i governi dell’UE hanno optato per una definizione poco rigorosa di “degrado forestale”, che rischia di diventare una scappatoia per chi vuole continuare a tagliare legname in modo insostenibile.
“Alla vigilia della COP15 delle Nazioni Unite sulla biodiversità, la decisione Europea è una svolta importante per le foreste e per tutte le persone che si sono battute per proteggerle. Non c’è dubbio che questa legge farà tacere un buon numero di motoseghe e impedirà alle aziende di trarre profitto dalla deforestazione” dichiara Federica Ferrario, responsabile della campagna agricoltura di Greenpeace Italia. “Però non tutto brilla oggi, dato che i governi dell’UE hanno infilato alcune scappatoie per le industrie del taglio del legname e non hanno protetto in modo adeguato i diritti delle popolazioni indigene, che difendono la natura anche a costo della loro stessa vita. Per questo oggi tutti gli occhi dovrebbero essere puntati sui nostri ministri e sulle nostre delegazioni alla COP15, affinché si possa finalmente ottenere un accordo globale per la protezione della natura.”
E proprio alla vigilia della COP15 delle Nazioni Unite sulla biodiversità a Montreal (CBD), attiviste e attivisti di Greenpeace stanno manifestando in tutta Europa – persino nell’Ucraina devastata dalla guerra – per sottolineare l’urgenza di porre fine alla devastazione della natura. Nelle ultime ore, gli attivisti hanno organizzato nelle piazze europee sfilate di giganteschi animali e proiezioni luminose, il concerto di un’orchestra classica e rappresentazioni delle preziose foreste dei Carpazi. Le proteste si sono svolte in Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Polonia, Romania, Slovacchia, Ucraina e Ungheria.
Greenpeace chiede ai governi europei di garantire un nuovo accordo globale per la protezione della natura e un’azione più incisiva per frenare la perdita di biodiversità in ogni nazione.
“In tutta Europa si moltiplicano le lotte per difendere gli ultimi angoli di natura rimasti, dalle aree verdi urbane alle foreste in montagna. Mentre i leader europei si riuniscono alla conferenza sulla biodiversità delle Nazioni Unite, la natura continua a essere spazzata via. Abbiamo bisogno di impegni più ambiziosi da parte dei governi riuniti a Montreal, ma anche di misure concrete da mettere in pratica”, continua Ferrario.
“Mentre il mio Paese è costretto a tornare ai bui e freddi tempi medievali dalla brutale violenza dell’invasione russa, non dobbiamo dimenticarci della natura. Le preziose foreste dei Carpazi vengono distrutte a un ritmo crescente. Per questo motivo inviamo un messaggio semplice ma importante: I Carpazi sono importanti, anche in tempo di guerra!”, dichiara Yehor Hrynyk, attivista dell’Ukrainian Nature Conservation Group di Kiev.
La conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, che si terrà dal 7 al 19 dicembre a Montreal, dovrebbe fornire un nuovo quadro internazionale per la protezione della biodiversità per questo decennio, e rappresenta un’occasione unica per portare la protezione della natura globale a un nuovo livello. Greenpeace chiede ai governi europei di sostenere un accordo globale che includa obiettivi rigorosi e vincolanti per proteggere almeno il 30% delle terre emerse e degli oceani entro il 2030. L’associazione ambientalista chiede inoltre di riconoscere i diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali, e garantire sostegni adeguati non solo finanziando le misure di conservazione, ma anche dismettendo le sovvenzioni alle industrie distruttive.