Il 2018 si conferma come l’anno più caldo dal 1800, con temperature superiori a 1,53 gradi sopra la media storica. Piante che saltano la fase vegetativa e ricominciano a fiorire, precipitazioni inferiori del 60% …. è solo l’inizio..
(Meteoweb)
Non cadono le foglie dalle piante che, per il caldo, non sono entrate nella fase di riposo vegetativo caratteristico della stagione. In giro ci sono ancora mosche e zanzare a testimoniare un autunno pazzo, con temperature ben al di sopra delle medie, in un 2018 che si classifica fino ad ora come l’anno più bollente dal 1800 in cui sono iniziate le rilevazioni con una temperatura superiore di 1,53 gradi la media storica.
E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Isac Cnr relativi ai primi nove mesi dell’anno. E l’anomalia – sottolinea la Coldiretti – è stata ancora più evidente a settembre che ha fatto registrare temperature superiori di ben 1,82 gradi e precipitazioni inferiori del 61% la media storica di riferimento (1971-2000).
Nelle campagne gli effetti si fanno sentire anche– precisa la Coldiretti – per i parassiti delle piante che con le temperature miti sono rimasti attivi e attaccano piu’ facilmente le colture come la cimice asiatica che ha invaso città e campi coltivati dove sta facendo strage di frutta, cereali e soia. A preoccupare in questa fase – continua la Coldiretti – è l’annunciato arrivo del maltempo con un forte abbassamento delle temperature che troverebbe le piante impreparate a difendersi.
Le condizioni metereologiche quasi estive nel pieno dell’autunno, la cosiddetta ottobrata, non sono – precisa la Coldiretti – un fenomeno raro ma quest’anno si inseriscono in una quadro generale che conferma la tendenza al cambiamento climatico che si manifesta con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo. Gli effetti – conclude la Coldiretti – sono stati gelo, nubifragi, trombe d’aria, bombe d’acqua, grandinate e siccità che si sono succeduti colpendo a macchia di leopardo durante l’anno lungo tutta la Penisola e provocando oltre 600 milioni di euro di danni alle coltivazioni.