Pubblicato il: 15/06/2020 10:12
Enormi teli geotessili stanno ricoprendo anche quest’anno il ghiacciaio al confine tra Valle Camonica e Val di Sole, sulla cima del Presena, a cavallo tra Lombardia e Trentino. Obiettivo: contrastare l’arretramento della superficie dei ghiacci. Un lavoro imponente che, in 12 anni, ha prodotto una riduzione dell’ablazione del 52%.
Negli ultimi decenni, solo sull’arco alpino sono scomparsi circa 200 ghiacciai. Correre ai ripari è indispensabile, anche per preservare l’indotto economico (turistico ma non solo) che ruota attorno ai delicati ecosistemi montani.
In aiuto arriva la tecnologia: al termine della stagione sciistica (che sul Presena arriva generalmente fino a maggio, anche se quest’anno è stata interrotta un paio di mesi prima a causa del lockdown da coronavirus), un’immensa rete di teloni geotessili viene stesa sul ghiacciaio per preservarlo dai violenti raggi solari.
“L’idea dei teli – spiega il presidente della società Carosello, Davide Panizza – è nata a partire da un programma sperimentale con le università di Trento e di Milano per ridurre o comunque diminuire l’ablazione. Hanno la funzione di mantenere una temperatura inferiore al di sotto, riflettendo la luce solare e riducendo così la temperatura della neve: li stiamo applicando dal 2008 con ottimi risultati”.
Il progetto, nato nel 2008 grazie alla collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento che finanziava i teli e la produzione della neve, dal 2015 prosegue per iniziativa della società Carosello che ha progressivamente esteso, negli anni, la superficie di ghiacciaio coperta dai teli geotessili.
Erano 40.000 mq nel 2014 e poi 46.700 mq del 2015, 60mila mq del 2016, 65mila mq del 2017, 80mila mq nel 2018 e addirittura 100mila mq nell’estate 2019. In media, lo spessore di ghiaccio che rimane sotto i teli alla fine dell’estate si aggira sui 2,5/3 metri.
La conferma della validità di questo progetto arrivava già nel 2014 da un’analisi realizzata dai ricercatori universitari: “Il settore coperto con il geotessile ha evidenziato valori medi di albedo (l’unità di misura del potere riflettente di una superficie) di 0,64 contro un valore medio di 0,43 per la superficie glaciale non coperta”.
Il settore coperto, rileva l’analisi, in media ha un assorbimento di energia solare del 36% mentre la superficie non coperta del ghiacciaio ha assorbito in media il 57% dell’energia solare. Complessivamente l’azione del telo nel modulare i flussi energetici radiativi assorbiti dal ghiacciaio porta per il periodo di sperimentazione, ad una riduzione dell’ablazione del 52%.
La strategia anti-scioglimento non si limita però ai soli teli estivi. D’inverno (o meglio, già in autunno, non appena le temperature lo permettono), viene attuata l’altra fase del programma: la superficie nevosa è incrementata attraverso sparaneve di ultima generazione.
L’innevamento programmato utilizza l’acqua di un adiacente bacino idrico naturale. Il processo dura fino a marzo inoltrato e serve a proteggere il ghiaccio sottostante. Lungo tutto il ghiacciaio vengono collocati 10 cannoni sparaneve con una portata oraria di 220 mc. Lo sforzo è quindi imponente. E certo non a basso costo (la spesa media annua, tra gestione e manutenzione supera i 420mila euro).
D’altra parte, gli effetti si vedono: da un confronto tra la condizione del ghiacciaio registrata nel 2008 e quella attuale, emerge che è stato salvato dallo scioglimento uno spessore di ghiaccio alto oltre 50 metri.
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